Page 178 - Storia della Russia
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Lenin. Con una celebre frase al vetriolo Trockij dichiarò che i suoi antagonisti
appartenevano alla pattumiera della storia. Per dirigere il paese, i bolscevichi istituirono
un ristretto Consiglio dei commissari del popolo (Sovnarkom: gli acronimi divennero un
tratto distintivo dell’amministrazione sovietica), con Lenin come presidente e Trockij
come commissario degli Affari Esteri. Commissario per le Nazionalità fu nominato Stalin,
che in un’occasione Lenin aveva definito il suo «meraviglioso georgiano». Stalin portò nel
proprio incarico le sue esperienze di non russo: figlio di un calzolaio ubriacone, aveva
vissuto in Georgia un’infanzia povera e violenta; dopo aver ricevuto un’educazione
incompleta in un seminario ortodosso, aveva svolto un’efficace attività clandestina tra gli
operai di Baku, impegno che gli era costato l’esilio in Siberia. A dicembre gli SR di
sinistra, l’ala radicale degli SR che aveva formato un proprio partito, si unirono al
Sovnarkom.
La Rivoluzione bolscevica fu un evento epocale: diede avvio, nel più grande paese del
pianeta, a un tentativo senza precedenti di ingegneria sociale autoritaria, e rappresentò una
sfida dottrinaria contro l’intero ordine capitalistico, con conseguenze planetarie che
influenzarono la politica mondiale per quasi tutto il secolo. Il nuovo governo agì subito
per mettere in pratica il suo vasto programma. Tramite un decreto sulla pace fu lanciato un
appello al mondo per il raggiungimento di una «pace giusta e democratica» che ponesse
fine alla guerra mondiale, «il più grande crimine commesso contro l’umanità». Trockij e
Lenin pensavano che portare la rivoluzione socialista in Russia e rendere pubblici tutti i
suoi trattati segreti con le altre potenze «imperialiste» avrebbe scatenato la rivoluzione in
tutto il mondo. Il decreto sulla terra fu copiato in gran parte dal popolare programma
agrario redatto dagli SR dopo febbraio, che si basava sui mandati contadini, e per una volta
rispecchiò davvero le loro genuine aspirazioni: dichiarava che tutta la terra doveva
appartenere al popolo e incoraggiava l’occupazione dei terreni non assegnati alla classe
contadina; tuttavia, l’esatta natura della futura proprietà delle terre rimaneva volutamente
vaga e fuorviante. Questo, in pratica, dava mano libera ai contadini, come essi volevano: il
governo non era nella posizione di fare altrimenti. Vennero promulgate norme per
regolamentare il controllo operaio delle industrie (si trattava più di una supervisione che di
una gestione diretta) e ratificare la giornata lavorativa di otto ore. Seguì una lunga serie di
ulteriori decreti, che miravano a cambiare radicalmente il volto della vita sociale. A
dicembre si arrivò alla creazione del Consiglio supremo per l’economia nazionale
(VSNCh), legato al Sovnarkom, con poteri coercitivi per dirigere l’economia. Tutte le
banche, statali e private, furono fuse in una banca del popolo nazionalizzata, misura che
preannunciava il ripudio dei diritti degli azionisti e la cancellazione dei debiti esteri nel
febbraio del 1918. Il 2 novembre una Dichiarazione dei diritti dei popoli della Russia,
redatta da Lenin e Stalin, abolì tutte le distinzioni basate su nazionalità e religione,
invocando la creazione di un’unione volontaria delle nazioni e riconoscendo il diritto alla
secessione delle minoranze nazionali; l’indipendenza polacca era già stata confermata. I
bolscevichi non avevano alcuna intenzione di lasciare che l’ex impero si disgregasse, ma
erano convinti che le minoranze si sarebbero unite all’imminente rivoluzione socialista,
grazie alla quale ogni differenza nazionale e ogni confine sarebbero diventati cose
obsolete. Un Congresso dei soviet ucraini, a larga maggioranza bolscevica, proclamò la
Repubblica Sovietica Ucraina l’11 dicembre, esautorando poco dopo la Rada; una
settimana più tardi il Sovnarkom sancì l’indipendenza della Finlandia.