Page 176 - Storia della Russia
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«Costruire il socialismo»
La Rivoluzione d’ottobre
Il nuovo governo provvisorio, che entrò in carica a Pietrogrado nel febbraio del 1917, era
composto da rappresentanti delle principali correnti politiche, eccetto quelle estreme.
All’inizio poté contare, sebbene con alcune riserve, su un appoggio generale, ma creò
enormi aspettative, come enormi furono anche i problemi che dovette affrontare: la guerra,
l’approvvigionamento alimentare, la terra per i contadini, le aspirazioni degli operai e
delle minoranze nazionali, e soprattutto l’organizzazione di un’Assemblea costituente
eletta, cui, in quanto governo provvisorio, delegò le questioni costituzionali e riforme
altrettanto fondamentali. Anche il suo potere amministrativo era incerto. Una delle prime
misure intraprese fu lo smantellamento di tutte le istituzioni repressive zariste, in
particolare gli organi di polizia; in periferia l’autorità degli enti amministrativi si faceva
sempre più fragile e l’esercito diventava ogni giorno meno affidabile. Sperando nei
benefici della vittoria, il governo provvisorio decise di continuare la guerra e tenere fede al
proprio impegno con gli Alleati, una scelta per nulla popolare: come prima, le questioni
economiche e sociali urgenti andavano messe in secondo piano per far fronte alle necessità
belliche. Il governo riconobbe l’indipendenza polacca, tuttavia contrastò quelle di
Finlandia e Ucraina, negoziando in luglio un compromesso con la nuova Rada (Consiglio)
nazionalista di Kiev, ma ordinando lo scioglimento della Dieta finlandese, quando
proclamò la propria autonomia.
All’inizio il soviet riconobbe il governo provvisorio e accettò, almeno parzialmente, la
sua politica. La direzione del soviet era in mano ai popolari menscevichi e agli SR, gruppi
che dopo febbraio ingrossarono le loro file: in autunno i menscevichi erano cresciuti da
poche migliaia a 200.000, mentre gli SR, che tra città e campagna vantavano un milione di
affiliati, erano di gran lunga il partito politico maggiore; il consenso bolscevico fu da
principio molto più limitato. Nessuno dei due partiti voleva l’onere scomodo e pericoloso
di assumersi cariche politiche. Tuttavia, le crescenti difficoltà spinsero il governo
provvisorio a cercare l’appoggio diretto dell’altra parte del «doppio potere» e, nei
successivi rimpasti, rappresentanti menscevichi e SR del soviet entrarono a far parte del
gabinetto. Come conseguenza, i partiti rivoluzionari moderati si ritrovarono a sostenere
l’«ordine borghese»; partecipando alla politica del governo furono coinvolti anche nel suo
fallimento di fronte alle aspirazioni popolari. In giugno una nuova offensiva contro gli
austriaci si trasformò in una pesante ritirata, che incrementò le già numerose diserzioni e
le richieste da parte del popolo che si giungesse a una guerra puramente difensiva o alla
fine delle ostilità. In agosto i tedeschi sfondarono le difese russe sul Baltico e
conquistarono Riga. Lasola grande corrente rimasta fuori dal governo era quella dei
bolscevichi, secondo cui instaurare in Russia il «potere dei soviet» avrebbe dato il via a
una rivoluzione internazionale e posto fine alla guerra. I bolscevichi si impegnarono
attivamente per far crollare le strutture esistenti, per edificare sulle ceneri del capitalismo
una società socialista mondiale; non temevano affatto l’idea di una guerra civile e
incoraggiavano l’attivismo locale per rovesciare l’ordine esistente.
Tra le masse la delusione nei confronti del governo e dei suoi alleati di sinistra continuò
a crescere. I contadini cominciarono a occuparsi direttamente del problema delle terre; già
nel marzo del 1917 si registrarono i primi casi di occupazione dei terreni di alcuni piccoli