Page 177 - Storia della Russia
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proprietari, episodi che si fecero più frequenti, soprattutto dopo la mietitura. Un numero
sempre maggiore di fabbriche finì sotto il «controllo operaio»: 378 imprese in luglio, 573
in ottobre. I bolscevichi moltiplicarono il loro consenso: nel 1918 gli affiliati raggiunsero
quota 300.000. Ma con l’aumento dell’inflazione, la penuria di cibo, i fallimenti
commerciali e la disoccupazione, l’economia si ritrovò in pieno collasso. La sconfitta di
giugno provocò a Pietrogrado una serie di dimostrazioni di massa, che chiedevano
l’immediato «potere ai soviet» ed ebbero un certo sostegno dai bolscevichi. Il governo, ora
guidato dall’SR Aleksandr Kerenskij, aveva ancora abbastanza autorità e forza militare per
reprimere l’opposizione dei «giorni di luglio» con la forza e far arrestare i capi
bolscevichi: Lenin fu accusato di essere una spia tedesca (in effetti i bolscevichi erano stati
davvero finanziati dai tedeschi) e riparò clandestinamente in Finlandia. A fine agosto
Kerenskij, preoccupato dalla debolezza del governo, ordinò al suo nuovo comandante in
capo, il generale autoritario e conservatore Lavr Kornilov, di portare le truppe a
Pietrogrado; ma poi, riconosciuto il pericolo di un colpo di stato militare, ritirò l’ordine.
Kornilov continuò ugualmente la sua avanzata e Kerenskij fu costretto a ricorrere al soviet
e agli agitatori bolscevichi per fermare le truppe del generale, che fu arrestato (e più tardi
rilasciato). L’episodio allontanò ulteriormente le masse dal governo. A settembre i
bolscevichi ottennero finalmente la maggioranza all’interno del soviet di Pietrogrado,
tendenza che rapidamente fu seguita da quasi tutti i soviet delle città russe. Kerenskij, nel
frattempo, in attesa dell’Assemblea costituente, provò a radunare i moderati in
un’Assemblea nazionale, nota come «Preparlamento», con l’unico esito di peggiorare la
situazione.
Lenin, dal suo rifugio all’estero, con una febbrile campagna cercò di convincere i
bolscevichi ancora riluttanti a prendere subito il potere in nome dei soviet di tutto il paese,
dove il partito era ormai predominante. Il Comitato centrale bolscevico alla fine accettò la
proposta, ma rimandò l’insurrezione al II Congresso panrusso dei soviet, fissato per il 25
ottobre (VS): così il colpo di stato bolscevico poteva essere legittimato dall’autorità dei
soviet. Uno strumento perfetto divenne disponibile quando il soviet di Pietrogrado,
preoccupato per un eventuale attacco alla capitale da parte di truppe tedesche o di destra,
creò un Comitato militare rivoluzionario, in grado di dirigere operazioni militari. Nella
notte fra il 24 e il 25 ottobre il Comitato, guidato da Trockij, coordinò l’occupazione
armata da parte delle forze bolsceviche di alcuni punti nevralgici della città. I disordini
furono limitati: il 25 ottobre Pietrogrado proseguì la sua vita di tutti i giorni. Il Palazzo
d’Inverno fu preso d’assalto e i ministri del governo che vi si erano barricati vennero tratti
in arresto. Gli insorti non incontrarono nessuna reale opposizione, solo un vuoto di potere.
Un memorialista socialrivoluzionario commentò che 500 soldati ben addestrati avrebbero
potuto spazzare via i bolscevichi dalle strade di Pietrogrado. Kerenskij fuggì in cerca di
aiuto militare, ma il suo successivo tentativo di sferrare un contrattacco usando truppe
rimaste fedeli al governo venne frustrato. L’esercito si stava disgregando.
Il Congresso dei soviet ratificò il trasferimento di potere proclamato dai bolscevichi. Ma
il dissenso scoppiò quando fu chiaro che Lenin rifiutava la tradizionale concezione di
sinistra di un’amministrazione socialista di ampie convergenze e tendeva a un governo
esclusivamente bolscevico. I menscevichi e molti SR definirono criminale la presa del
potere da parte dei bolscevichi, e per protesta uscirono dal soviet, lasciando così campo
libero agli avversari e facendo, fatalmente e senza rendersene conto, proprio il gioco di