Page 184 - Storia della Russia
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il  suo  diritto  all’indipendenza.  Dopo  la  sconfitta  delle  potenze  centrali,  la  Polonia  si
        ricostituì, con Varsavia come capitale. Il nuovo regime nazionalista sotto la guida di Jozef
        Piłsudski  rivendicò  anche  i  territori  al  confine  orientale,  di  etnia  non  polacca  (lituani,
        ucraini e bielorussi), prima appartenenti alla Polonia e ora controllati dai russi. Nell’aprile
        del 1920 i polacchi lanciarono una grande offensiva, ma furono respinti dall’Armata rossa,
        retrocedendo fino alla Vistola. Lenin voleva che la sconfitta della Polonia «bianca» aprisse
        un varco per raggiungere la «rivoluzionaria» Germania: un’avanzata dell’Armata rossa nel
        cuore dell’Europa, secondo lui, avrebbe fatto scoppiare la rivoluzione europea; pensava,
        inoltre,  che  il  proletariato  polacco  avrebbe  accolto  fraternamente  la  liberazione
        rivoluzionaria.  I  polacchi,  invece,  considerarono  i  bolscevichi  l’ennesimo  oppressore

        imperialista,  e  l’abile  esercito  di  Piłsudski  rovesciò  la  situazione,  ricacciando  i  rossi,
        rimasti troppo esposti, fino a Minsk. La pace di Riga del 1921 confermò l’armistizio di
        ottobre.

           La  sconfitta  in  Polonia  fu  un  duro  colpo  per  le  speranze  espansionistiche  e
        rivoluzionarie dei bolscevichi. Nel marzo del 1919, libero dalla minaccia delle potenze
        centrali  e  della  guerra  mondiale,  Lenin  aveva  inaugurato  il  Komintern,  la  Terza
        Internazionale  socialista  e  la  prima  comunista,  con  un  congresso  a  Mosca  saldamente
        controllato  dai  bolscevichi  e  presenziato  da  alcuni  delegati  internazionali.  Ne  chiuse  i
        lavori affermando in tono perentorio: «La vittoria della rivoluzione proletaria nel mondo
        intero è certa. La nascita di una repubblica sovietica internazionale, a portata di mano».
        Ma  i  tentativi  rivoluzionari  e  le  agitazioni  in  Europa,  che  alimentavano  le  speranze
        millenariste dei bolscevichi, rimasero senza conseguenze, mentre il fallimento in Polonia
        mostrò  tutti  i  limiti  dell’internazionalismo  proletario  russo.  La  rivoluzione  europea  si
        ostinava a non scoppiare. L’affermarsi dei rossi nella maggior parte dell’ex impero portò
        alla nascita di un nuovo stato sovietico russo (rossijskij), isolato (nonostante le simpatie

        della classe operaia di molti paesi) in un mondo ostile o indifferente: nel dicembre del
        1922 si riunì un I Congresso dei soviet di tutta l’Unione per ratificare la formazione di uno
        stato federale, l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche.
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