Page 185 - Storia della Russia
P. 185

Il consolidamento interno e il comunismo di guerra

        Nel  1918,  con  lo  sviluppo  della  guerra  civile,  i  bolscevichi  cominciarono  a  prendere
        misure per rafforzare la loro posizione all’interno del paese. La Costituzione della RSFSR
        del 1918 confermava il Comitato esecutivo (VCIK) del Congresso panrusso dei soviet come
        supremo organo del potere statale, con il suo presidente, il fedele alleato di Lenin Jakov
        Sverdlov, a capo dello stato. Il VCIK nominava il Sovnarkom, ma in pratica il potere rimase
        in mano al Comitato centrale del partito comunista bolscevico. Quando le competenze e le

        responsabilità  di  quest’ultimo  aumentarono,  si  impose  la  necessità  di  allargare  le  sue
        funzioni  amministrative  e  specializzazioni.  Nel  1919  l’VIII  Congresso  del  partito
        introdusse un nuovo programma e nuove strutture: un Ufficio politico (Politbjuro) come
        «gabinetto» per le questioni pratiche di governo, e un Ufficio organizzativo (Orgbjuro) per
        sovrintendere alla gestione del partito e dei suoi membri. La direzione di quest’ultimo fu
        affidata a Stalin.

           Il partito si occupò anche di contrastare gli oppositori politici. Dopo la soppressione
        dell’Assemblea costituente, i giornali e le tipografie dei partiti rivali furono chiusi e le
        elezioni dei soviet che non avevano fornito una maggioranza bolscevica ignorate. Dopo il
        trattato di Brest-Litovsk, gli SR di sinistra erano divenuti fieri oppositori dei bolscevichi.
        Nel luglio del 1918 a Mosca tentarono un’insurrezione durante il V Congresso dei soviet:
        la situazione fu presa in mano dalla brigata dei fucilieri lettoni, fedeli a Lenin. Nell’agosto
        del 1918 un fallito attentato contro di lui fu imputato a un SR di sinistra e il Sovnarkom
        reagì con un «terrore rosso» a largo raggio. Fu dato campo libero alla Čeka. Le esecuzioni
        divennero frequenti. Il terrore cominciò a colpire anche avversari potenziali e si trasformò
        in strumento di intimidazione: secondo M. Lacis, agente della Čeka lettone agli ordini di

        Džeržinskij, su un accusato ci si poneva una sola domanda: «A quale classe appartiene?»;
        Lenin  telegrafò  a  uno  dei  centri  bolscevichi  locali:  «Impiccate  almeno  cento  kulaki,
        ricconi e sfruttatori ben noti (e fate in modo che l’impiccagione avvenga sotto gli occhi
        della gente)». Furono creati campi di concentramento (un’invenzione degli inglesi) per i
        lavori forzati e si organizzarono processi farsa contro i capi degli SR. Le vittime della Čeka
        furono decine di migliaia, forse di più. Dalla direzione del partito, in pratica, contro questi
        massacri non si alzò alcuna voce.
   180   181   182   183   184   185   186   187   188   189   190