Page 169 - Storia della Russia
P. 169
La «controversia sul capitalismo» e il dibattito sulla rivoluzione
Intanto una diversa forma di socialismo europeo, il marxismo, cominciava a far sentire la
sua influenza sui gruppi radicali. Nel 1883, a Ginevra, Plechanov e i suoi compagni
fondarono il gruppo Emancipazione del lavoro, di stampo marxista, mentre altre effimere
organizzazioni dello stesso indirizzo politico si costituivano in patria. Inizialmente le
differenze tra populismo e marxismo non erano nette: i populisti, da sempre attenti anche
agli operai industriali, erano aperti alle idee di Marx. Oltre ai rivoluzionari clandestini, il
populismo produsse anche intellettuali che, come Marx a Londra, agivano nel rispetto
della legge. Nel 1872 il «populista legale» Nikolaj Daniel’son pubblicò il Capitale (vol.I)
in russo, la prima traduzione dell’opera in lingua straniera (il libro, voluminoso e
complesso, fu fatto passare dalla censura), e insieme ad altri intrattenne rapporti epistolari
con Marx sulla situazione russa. I populisti legali sostenevano che una rivoluzione fondata
sul già esistente protosocialismo della maggioranza contadina russa avrebbe permesso al
paese di evitare il capitalismo delle economie industriali occidentali. (Non condannavano
l’industrializzazione in sé, ma solo lo sfruttamento capitalistico.) Marx si interessò alla
teoria, la trovò plausibile e li esortò ad agire in fretta, prima che il capitalismo attecchisse
in modo irreversibile. Negli anni Novanta, dopo la morte di Marx, Engels decise che era
ormai troppo tardi: a suo avviso, la Russia era già pienamente avviata verso il capitalismo.
Della stessa opinione erano i nuovi socialdemocratici marxisti, che apparvero in Russia
negli anni Ottanta e si interessavano soprattutto della classe dei lavoratori industriali
ancora in embrione: secondo loro, lo sviluppo economico russo stava seguendo il modello
capitalista europeo. Cominciò un’erudita «controversia sul capitalismo», che ruotava
intorno al problema dell’assenza (secondo i populisti) o della presenza (per i
socialdemocratici) in Russia di mercati adatti alla produzione capitalistica, e soprattutto
relativa al grado di penetrazione delle relazioni capitalistiche nelle campagne. Secondo i
populisti, la vita dei contadini era incentrata sulla comune di tipo socialista; per i marxisti,
invece, la differenziazione fra i contadini era già a un livello avanzato, con una classe
sfruttatrice emergente e un proletariato rurale impoverito o privo di terra. L’opera più
famosa della corrente marxista è da ritenersi Lo sviluppo del capitalismo in Russia (1899)
di Lenin, un testo pieno di esagerazioni. Molti dei primi marxisti russi erano stati populisti
o vicini a gruppi populisti: non solo Plechanov e i suoi colleghi, ma anche Vladimir
Ul’janov. Di origine tedesca per parte di madre, figlio di un ispettore scolastico salito al
rango nobiliare, Ul’janov studiò legge all’Università di Kazan’ e, infiammato dall’esempio
del fratello, partecipò subito all’attivismo studentesco. L’evoluzione delle idee di Ul’janov
e le dimensioni del suo debito nei confronti di quella corrente e del terrorismo sono state
oggetto di lunghi dibattiti. Per tracciare un netto confine tra sé e i suoi oppositori populisti
e per difendersi dalle accuse di populismo rivoltegli da rivali socialdemocratici, Ul’janov
dovette nascondere le sue iniziali simpatie nei confronti del quella corrente. Negli anni
Ottanta e Novanta la vecchia generazione di populisti legali si assestò su posizioni
riformiste, mentre i più giovani neonarodniki si avvicinarono sempre più al marxismo
rivoluzionario. A questi ultimi apparteneva ad esempio il gruppo di A. Skljarenko a
Samara, sul Volga, cui Ul’janov si unì dopo essere stato espulso dall’Università di Kazan’
nel 1888. Fu a Samara che Ul’janov lesse Marx, divenendone un devoto discepolo.
Negli anni Novanta, con il manifestarsi nell’impero di un malcontento economico e
sociale sempre più palese, emersero radicali e rivoluzionari di ogni sorta. La speranza di