Page 123 - Storia della Russia
P. 123
invece, era poco diffusa, senza una rete ferroviaria i mercati crescevano lentamente e lo
scarso sviluppo delle tecniche agricole impediva di accumulare capitali da investire
nell’industria. Fino alla seconda metà del XIX secolo il rendimento del grano rimase
stabile e le città restarono sottosviluppate. La grande industria, che tuttavia riuscì a
nascere, si sviluppò lentamente e in modo disuguale. I pochi servi della gleba imprenditori
che avevano avuto successo grazie alla propria intraprendenza e alla protezione dei loro
signori, come nel caso degli Šeremetev, divennero nel XIX secolo grandi mercanti e
imprenditori, sebbene una parte sensibile dell’innovazione industriale fosse dovuta a
capitali e investitori stranieri. Nel complesso, dunque, l’economia ancora
fondamentalmente agraria e fondata sulla servitù mancava delle strutture per sostenere
un’industrializzazione forte e la maggioranza dei nobili terrieri rimase legata al proprio
stile di vita tradizionale.
Il modello petrino di sviluppo, distribuzione delle risorse e riscossione dei tributi e delle
imposte, che si basava sulla mancanza di libertà della popolazione, era adeguato per
produttività e flessibilità a sostenere e finanziare l’impero in un’epoca preindustriale. Di
fronte ai cambiamenti economici e militari e all’accelerata industrializzazione dell’Europa
nel XIX secolo, invece, quello stesso sistema non era più in grado di sostenere una grande
potenza che aspirava a essere competitiva a livello internazionale. I tentativi di Kankrin di
stabilizzare la moneta durante il regno di Nicola fallirono a causa delle spese militari che
non coprivano nemmeno la fornitura di un numero sufficiente di nuovi fucili con cui
sostituire i vecchi moschetti di quell’enorme e costoso esercito permanente.
Sotto Nicola I tra i contadini il malcontento era molto diffuso, eppure ci furono poche
rivolte. Durante la Guerra di Crimea si sparse la voce che quanti si fossero uniti alle
milizie avrebbero ottenuto in seguito l’esenzione dal servizio militare o l’emancipazione, e
ne seguì una certa agitazione; e quando nel 1857 fu annunciata ufficialmente l’imminente
abolizione della schiavitù, l’intensificarsi delle sollevazioni non fu altro che la prova
dell’impaziente volontà di cambiamento dei contadini e la loro diffidenza nei confronti dei
padroni e delle autorità.
I preparativi dell’emancipazione fecero nascere tensioni all’interno del governo e nella
classe contadina, ma provocarono anche una spaccatura tra i nobili. Mentre una
maggioranza silenziosa di piccoli proprietari di provincia e molti aristocratici conservatori
si piegò alla volontà dello zar pur rimanendo scettica, i più colti e liberali si dichiararono a
favore della riforma. Dalla fine del XVIII secolo in poi, l’atteggiamento dell’élite nei
confronti dei contadini aveva subito un mutamento costante. Alla svolta del secolo, in
Europa, le idee di Herder e di Rousseau avevano portato alla «scoperta del popolo», un
nuovo gusto per la cultura popolare e per l’umanità dei contadini. Se in precedenza questi
ultimi erano comparsi in alcune novelle e opere comiche del XVIII secolo, ora nella
Povera Lisa (1792) di Nikolaj Karamzin, un racconto sentimentale che fece epoca, una
giovane e innocente contadina si suicidava perché tradita da un indegno aristocratico.
Aleksandr Radiščev, nel Viaggio da Pietroburgo a Mosca (1790), si spinse oltre,
rappresentando contadini dignitosi, intelligenti e di alta moralità costretti a subire
un’infinita serie di abusi. Poi, dalla fine del XVIII secolo, si cominciarono a pubblicare
raccolte di canzoni popolari, e all’inizio del XIX le immagini idealizzate dipinte da
Aleksej Venecianov introdussero per la prima volta la vita contadina nella pittura. Ma in
letteratura il tema contadino raggiunse l’apice poco prima dell’emancipazione nelle