Page 126 - Storia della Russia
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ottenuto il suo favore scrivendo inni in suo onore e le commedie di Fonvizin vennero
inizialmente lette e recitate a corte. Con lo scoppio della Rivoluzione francese Caterina
divenne meno tollerante, mentre gli scrittori iniziarono a mostrare maggiore indipendenza.
Un esempio classico in questo senso è rappresentato da Radiščev, al quale si è già
accennato. Formatosi nel Corpo elitario dei paggi, Radiščev fu mandato a studiare a
Lipsia, dove entrò in contatto con il pensiero politico e sociale dell’Illuminismo e
sperimentò in prima persona l’oppressione dell’autorità dispotica nella persona del suo
maestro. Al suo ritorno fece carriera nella giurisprudenza civile e militare, diventando
infine vicedirettore dell’ufficio doganale di San Pietroburgo. Nel suo Viaggio da
Pietroburgo a Mosca criticò aspramente ogni forma di abuso di potere, anche da parte di
funzionari e governanti. Caterina ritenne che l’anonimo autore fosse «contagiato dalla
pazzia francese», anche se Radiščev, più che celebrare la rivoluzione popolare, ne aveva
indicato il pericolo. Radiščev, «padre del radicalismo russo», pagò la sua imprudenza con
una sentenza a dieci anni di esilio (anche se non troppo duro) in Siberia. È necessario
aggiungere che egli era un protetto della famiglia Voroncov, all’epoca mal vista a corte, e
che parte delle sue accuse era diretta contro Potëmkin e la sua politica; Radiščev poté
stampare un simile pamphlet grazie alla sua tipografia privata e alla disattenzione della
censura. Con Radiščev, amnistiato da Paolo e riabilitato da Alessandro I, il governo e la
nobiltà liberale cominciarono a prendere strade diverse.
Nei primi anni del nuovo secolo il crescente dibattito sulla lingua letteraria si risolse,
infine, con uno scontro tra la scuola di Karamzin, prosatore innovativo e editore di
giornali, nonché più tardi primo storico moderno della Russia, e quella dell’ammiraglio
Aleksandr Šiškov, presidente dell’Accademia russa dal 1813 al 1841, e in seguito ministro
dell’Istruzione: la loro fu una battaglia che si svolse a colpi di satira, con accese e furiose
discussioni. A vincere la partita furono i karamzinisti, che patrocinavano uno stile legato
alla lingua parlata e ai modelli francesi, cui si opponeva lo slavo ecclesiastico difeso da
Šiškov. La lingua di Puškin, che seguì la lezione di Karamzin, divenne poi il modello per
il russo letterario moderno. L’«età d’oro» della letteratura russa (i primi tre decenni del
XIX secolo) fu dominata dalla poesia, che per alcuni si trasformò in un vero e proprio stile
di vita: veniva usata nelle lettere private, nei pamphlet politici, negli epigrammi sociali, e
costituiva il biglietto d’ingresso per i sempre più numerosi salotti letterari. Puškin fu al
centro di una pléiade di talentuosi letterati minori, molti dei quali, poeti e suoi intimi
amici, furono tra i decabristi.
La generazione di Puškin, byroniana e libertina, si trovò spesso in contrasto con il
potere costituito: lo stesso giovane Puškin, in modo provocatorio, scrisse alcune poesie
libertarie che gli valsero l’esilio. Kondratij Ryleev, noto per i suoi appassionati versi civili
e patriottici, capeggiò nel 1825 i decabristi del nord a San Pietroburgo. Nel 1826 Nicola I
promulgò una nuova legge draconiana sulla censura, cui si aggiunse, tuttavia, nel 1828 un
decreto che, istituendo il diritto d’autore, rendeva molto più praticabile la via della
scrittura come professione. Sotto Nicola, nonostante la censura e il frequente intervento
della Terza sezione, lettori e pubblicazioni crebbero in modo costante e la letteratura stessa
divenne sempre meno aristocratica: molti scrittori di origine popolare, soprattutto
giornalisti, iniziarono a vivere della propria arte. Raggiunse il suo apice il tolstyj žurnal, la
rivista letteraria e culturale che pubblicava opere nuove, recensioni e commenti alle
questioni del giorno. Pioneristico fu il «Vestnik Evropy» (Il messaggero d’Europa, 1802-