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Unità 28
Le mentalità medievali
1. Uomini diversi da noi
Storia delle mentalità Il Medioevo è un’epoca profondamente diversa dalla nostra.
Questa diversità risalta subito, non appena ci poniamo alcune domande fondamentali:
che tipi di uomini erano quelli medievali, come si comportavano, come vedevano il mon-
do, la natura, che concezione avevano del tempo e dello spazio, del bene e del male? Ri-
spondere a queste e ad altre domande vuol dire entrare in pieno in quel campo di studi
che ha per oggetto le mentalità del passato.
La storia della mentalità ha un oggetto collettivo; cerca di rintracciare quello che era co-
mune negli atteggiamenti e nei comportamenti degli uomini che ci hanno preceduto. Cer-
to, penetrare nella mente di uomini che non esistono più è estremamente difficile, anche
se in questo ci aiutano le testimonianze scritte e quelle figurate, le storie tramandate oral- † «Un angelo chiude le porte
mente, e anche gli oggetti della cultura materiale (armi, strumenti, ecc.). Ma lo storico del- dell’Inferno»
[British Library, Londra]
le mentalità ha anche qualche vantaggio: può, per esempio, condurre le sue ricerche su Questa miniatura, tratta dal salterio
periodi molto lunghi, a volte addirittura millenari. La mentalità, infatti, si trasforma len- di Henry di Blois, raffigura un angelo
tamente, molto più lentamente della storia politica o economica: accade che gli uomini che chiude le porte dell’inferno,
rappresentato simbolicamente dalla
trasformino la loro economia, cambino la forma di governo e sovvertano i rapporti di clas- bocca di un mostro che ingoia le
anime dei dannati. Questo tipo di
se, ma che alcuni aspetti del vecchio modo di pensare continuino a vivere, quasi di vita immagini, comunissime nel corso di
propria. tutto il Medioevo, rendevano le
descrizioni scritte dell’oltre tomba
Livelli di mentalità La storia della mentalità tende a cogliere gli elementi «collettivi», più efficaci.
ma sulla reale possibilità di raggiungere questo obietti-
vo occorre intendersi. I documenti utilizzati da chi stu-
dia le mentalità del passato, e in particolare dell’età me-
dievale, sono, infatti, in grandissima parte, espressione
dei ceti al potere, gli unici che detenessero il privilegio
della scrittura; questi documenti esprimono di conse-
guenza i sentimenti, la visione del mondo, i valori di
un’élite. Si trattava di una cultura egemone, che aveva
quindi anche una forte circolazione e una grande capa-
cità di penetrazione tra le masse popolari. Essa non cir-
colava ovviamente soltanto in forma scritta, dal mo-
mento che la grandissima maggioranza della popola-
zione era analfabeta, ma oralmente, soprattutto trami-
te i sermoni, le prediche, l’attività evangelizzatrice de-
gli uomini di Chiesa. Essa veniva anche proposta diret-
tamente come modello, nello stesso comportamento
pubblico dei signori. Sotto questi aspetti la mentalità
dei ceti dominanti finiva per diventare realmente «col-
lettiva», in quanto condivisa o accettata dall’insieme
della popolazione. Ma ciò non deve portare a trascura-
re l’importanza della mentalità popolare, che aveva pu-
re una sua autonomia e che influenzava, in una certa
misura, la cultura dei ceti alti.
Il problema delle fonti Qui il compito dello storico
diventa quanto mai arduo. L’analfabetismo delle mas-
se popolari ha impedito, come si accennava, che questa
cultura lasciasse testimonianze dirette. Quello che sap-
piamo sui sentimenti e sui comportamenti delle masse
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