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                                                                                     I Romani visti dagli altri



                         guardi. Quando poi, liberati dai timori  Stato. Se difatti uno degli organi che lo co-  propria iniziativa. Ciascuno dunque si tro-
                         esterni, essi godono del benessere derivante  stituiscono diventa troppo potente in con-  va nei limiti prescritti o perché non riesce ad
                         dai loro fortunati successi e vivono in pace,  fronto agli altri e agisce con tracotanza, non  attuare i suoi piani o perché fin da principio
                         se nell’ozio e nella tranquillità, come suole  essendo esso indipendente come abbiamo  teme il controllo degli altri.
                         accadere, qualcuno si abbandona alla pre-  detto, ma essendo i singoli organi legati l’u-
                         potenza e alla superbia, subito la costituzio-  no all’altro e controllati nella loro azione,  GUIDAALLALETTURA
                                                                                                  1. Per quale motivo Polibio definisce perfetta la
                         ne  interviene  a  difendere  l’autorità  dello  nessuno di essi può agire con violenza e di  costituzione romana?



                        Tornare alle capanne?

                        Il filosofo Carneade, venuto nel 156 a.C. in ambasceria da Atene a Roma, pronunciò alcuni di-
                        scorsi che affrontavano, tra l’altro, il problema del diritto naturale e della giustizia nei rapporti tra
                        i popoli. L’imperialismo romano veniva da lui inquadrato in termini strettamente economici, co-
                        me una pratica di rapina che assicurava al vincitore una ricchezza altrimenti irraggiungibile. Al-
                        l’imperialismo, egli precisava lucidamente, non c’era alternativa, poiché era impensabile che i Ro-
                        mani, per rispetto di un astratto ideale di giustizia, tornassero a vivere nelle capanne. Fu a causa,
                        tra l’altro, di discorsi del genere che Carneade fu presto espulso da Roma, anche grazie all’inter-
                        vento di Catone: «Che essi – disse Catone – tornino nelle loro scuole per discutere con i figli dei
                        Greci, mentre i giovani romani ascolteranno, come prima, le leggi e i magistrati!».


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                         Lattanzio, Istituzioni divine, V, 16, 3-5  zia non esiste o, se esiste, è una massima
                                                             stoltezza, perché consiglierebbe di nuoce-  1. Come Carneade spiega subito dopo, la stessa na-
                         Ecco, in sostanza, quali erano i suoi argo-  re a se stessi per assecondare i comodi de-  tura conduce l’uomo all’ingiustizia, perché lo spinge
                         menti: «Gli uomini hanno stabilito le leg-  gli altri». E aggiungeva questi argomenti:  a ricercare il proprio vantaggio anche a danno degli
                                                                                                  altri.
                         gi per la loro stessa utilità; esse variano in  «Tutti i popoli che dal loro impero trag-
                         rapporto ai costumi e, in uno stesso po-  gono mezzi per  prosperare e anche gli
                         polo, in rapporto al tempo; quanto poi al  stessi Romani che si sono impadroniti di
                         diritto naturale, esso non esiste . Sia gli  tutto il mondo, se volessero essere giusti,  GUIDAALLALETTURA
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                         uomini sia gli altri esseri viventi sono spin-  e cioè restituire le cose altrui, dovrebbero  1. Per quale motivo il filosofo Carneade afferma
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                         ti per inclinazione naturale a ricercare il  tornare alle capanne e vivere in povertà e  2. Che cosa dovrebbero fare i Romani, secondo
                         proprio utile. Se ne deduce che la giusti-  miseria».                    Carneade, se volessero essere giusti?



                        Fate come i Romani!

                        Nel 214 a.C. il sovrano di Macedonia Filippo V scrisse una lettera agli abitanti di una polis del suo
                        regno (ce ne è giunta una copia epigrafica). Per porre rimedio al problema della scarsità di uomi-
                        ni (e quindi di soldati) che affliggeva tutte le comunità greche, egli suggeriva di concedere la cit-
                        tadinanza ai meteci, gli stranieri residenti che ne erano regolarmente esclusi. Per rafforzare il suo
                        discorso, il sovrano usò un argomento a effetto: fate come i Romani – egli affermò – che sono mol-
                        to più aperti di voi.
                        L’affermazione del re contiene alcune imprecisioni (erano infatti i figli dei liberti a ottenere le ma-
                        gistrature e non i liberti stessi; quanto alle colonie, in quell’epoca erano molto meno di settanta),
                        ma non è questo che conta. La cosa importante è che già i contemporanei individuavano lucida-
                        mente i motivi del successo romano.



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                         Sylloge Inscriptionum Graecarum  , 538  li fanno partecipi delle magistrature. In
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                                                             questo modo non solo hanno ingrandito la
                         I Romani sono quelli che, quando liberano  loro patria, ma hanno fondato circa settan-  GUIDAALLALETTURA
                                                                                                  1. L’analisi di Filippo V esprime critica o
                         gli schiavi li accolgono nella cittadinanza e  ta colonie.               ammirazione nei confronti dei Romani?

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