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DOSSIER I Romani
visti dagli altri
Cosa pensavano el processo di formazione dell’identità culturale romana l’incontro-scontro con la civiltà gre-
Nca ebbe grande importanza.
«gli altri»
dei Romani? I Greci, fortemente impressionati dai successi di Roma nel Mediterraneo, avanzarono diverse ipo-
tesi per spiegare il fenomeno. Mentre Polibio, storico greco del II sec. a.C., cercò di comprendere
le cause che portarono Roma a conquistare il Mediterraneo [®DOC1], il filosofo Carneade, in am-
Qal era il rapporto basceria a Roma,interpretò l’espansionismo romano come una pratica di rapina [®DOC2].Lo stes-
dei Romani so Filippo V, il re di Macedonia sconfitto dai Romani, dei vincitori ammirava la mentalità aperta, che
con la cultura li aveva portati al successo [®DOC3]. Anche lo storico Dionigi di Alicarnasso aveva individuato il
greco-orientale? motivo del successo romano nella politica della cittadinanza più aperta di quella greca [®DOC4].
Gli Ebrei,dal canto loro,videro nei Romani,in un primo momento,una comunità di uomini giusti,vit-
toriosi sui nemici e generosi con gli amici [®DOC5].
Dal contatto con la raffinata e colta cultura greca la civiltà romana, più orientata verso la semplicità
dei costumi, trasse grande vantaggio. Non mancarono tuttavia episodi di ostilità nei confronti della
cultura greca, specie da parte degli ambienti più tradizionalisti che facevano capo a Catone, i qua-
li temevano che il contatto con la civiltà ellenica corrompesse gli antichi costumi romani [®DOC6].
La costituzione perfetta
Nel 167 a.C. Polibio fu deportato dalla Grecia a Roma come ostaggio. Uomo di grande cultura e
acuto osservatore, egli fu accolto nel circolo intellettuale più raffinato della capitale, quello degli
Scipioni, e dedicò molti anni allo studio delle istituzioni e della società romana: voleva compren-
dere il segreto dello straordinario successo di quella città che aveva conquistato il mondo. Affidò
le sue riflessioni a un’opera storica da lui scritta verso il 150 a.C.
Le altre città, osservò Polibio, erano governate da monarchie, da aristocrazie o da democrazie.
Tutti questi regimi «puri» erano fatalmente destinati a degenerare e a corrompersi: la repubblica
romana, al contrario, si era data una costituzione composita, che racchiudeva in sé tutte le forme
di governo. Se un osservatore – egli diceva – prendeva in considerazione soltanto i consoli, era
portato a ritenere che Roma fosse una monarchia; se guardava al senato, la giudicava un’aristo-
crazia; se fissava la sua attenzione sulle assemblee popolari, la valutava una democrazia. Tuttavia,
considerata nel suo insieme, Roma non era nulla di tutto questo: era una «costituzione mista», nel-
la quale i vari elementi si combinavano in un mirabile equilibrio. Era questo il segreto della po-
tenza romana.
Per dimostrare la validità del suo discorso, Polibio fece alcuni esempi. La guerra: era il popolo a
deciderla, ma erano i consoli a condurla e il senato a fissarne la durata e a finanziarla. Il ruolo del
popolo: da solo, il popolo non poteva fare nulla, ma nemmeno i magistrati potevano agire politi-
camente senza il consenso popolare.
Dal punto di vista strettamente giuridico l’analisi di Polibio è impeccabile. Dal punto di vista po-
litico egli tralascia invece un aspetto fondamentale: il ruolo dominante della nobilitas. Come ab-
biamo visto esaminando il funzionamento concreto delle istituzioni romane, il peso dei nobili era
determinante: erano loro a monopolizzare le magistrature, a controllare il senato, a dirigere e a
orientare il voto popolare.
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Polibio, Storie, VI, 18 sibile trovare una costituzione migliore di quanto è necessario e i provvedimenti non
quella romana. Quando infatti un pericolo risultano mai presi in ritardo, perché ogni
I singoli organi del governo possono dun- comune sovrasti dall’esterno e costringa i cittadino singolarmente e collettivamente
que danneggiarsi a vicenda o collaborare Romani a una concorde collaborazione, lo collabora alla loro attuazione.
fra loro; ma il rapporto fra le diverse auto- Stato acquista tanto e tale potere, che nul- Ne segue che i Romani sono insuperabili e
rità è così ben congegnato, che non è pos- la viene trascurato, anzi tutti compiono la loro costituzione è perfetta sotto tutti i ri-
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