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                                                                                            L’Italia e Roma



                         Immigrati o indigeni? Erodoto, che scrisse verso la metà del V sec.
                        a.C., racconta che quel popolo, originario della Lidia, era giunto in Ita-
                        lia prima della guerra di Troia, in conseguenza di una grave carestia.
                        Inoltre, nell’elenco dei «Popoli del Mare», oltre agli Shardana, possibili
                        antenati dei Sardi [®11.2], sono ricordati dei Tursha, con i quali alcuni
                        studiosi identificano i Tirreni/Etruschi. Ma il documento più impor-
                        tante viene dall’isola di Lemno, nel Mar Egeo: qui è stata rinvenuta un’i-
                        scrizione che presenta forti analogie sia con l’etrusco sia con alcune lin-
                        gue dell’Asia Minore: segno evidente, si direbbe, della provenienza
                        orientale degli Etruschi. Si aggiunga, infine, che molte caratteristiche
                        della cultura etrusca presentano notevoli somiglianze con taluni aspetti
                        delle culture orientali: per esempio, l’abitudine d’interpretare la volontà
                        degli dèi esaminando il fegato degli animali sacrificati, o altri particola-
                        ri della religiosità e dell’arte.
                        Se dunque l’ipotesi di una migrazione da Oriente è senza dubbio la più
                        credibile, è necessario tuttavia precisare che, come in tante altre migra-
                        zioni antiche, non si trattò di un fenomeno improvviso, traumatico e
                        massiccio, bensì di movimenti lenti e continui di piccoli gruppi che, in
                        un arco di tempo forse molto ampio, favorirono l’incontro di genti e di
                        culture diverse.
                        Quelle genti che spostandosi da Oriente erano approdate a più ripre-
                        se in Toscana, conoscevano sicuramente tecniche e forme di organiz-
                        zazione sociale e politica più evolute di quelle delle comunità locali, ma
                        la vera e propria cultura etrusca si formò solo in Italia dall’incontro tra
                        questi gruppi di immigrati e le genti che convenzionalmente chiamia-
                        mo «villanoviane». La fioritura della civiltà etrusca nella nostra peni-
                        sola è dunque più un problema di formazione che di origini.
                         Una lingua originale Per quanto possa sembrare strano, ogni tanto
                        ci capita di parlare etrusco. Quando diciamo, per esempio, «mondo»,
                        «persona», «popolo», «milite», «atrio», «ramarro», ecc., usiamo paro-
                        le di sicura o di probabile origine etrusca giunte fino a noi tramite i Ro-
                        mani, che assorbirono la cultura etrusca. Non esiste nessun problema  π Una delle lamine auree del santuario di Pyrgi,
                                                                                           V sec. a.C.
                        di «decifrazione» della lingua estrusca. Le prime testimonianze scritte  [Museo Nazionale di Villa Giulia, Roma]
                        di questa lingua (intorno al 700 a.C.) utilizzano infatti l’alfabeto greco  La conoscenza dell’etrusco è progredita principalmente
                        introdotto in Italia dai coloni provenienti dall’Eubea e insediatisi nella  grazie alla scoperta di alcuni (purtroppo rarissimi) testi
                                                                                           bilingui.
                        prima metà dell’VIII sec. a.C. nell’isola d’Ischia [®6.5]. Le iscrizioni  Tra i più importanti testi bilingui sono le lamine d’oro
                        etrusche possono quindi essere «lette» con estrema facilità.       provenienti dal santuario di Pyrgi: scritte in etrusco e in
                                                                                           fenicio (per una lunghezza complessiva di 80 parole), si
                        Il problema principale deriva piuttosto dal fatto che il lessico etrusco  riferiscono alla dedica di un sacello alla dea fenicia Astarte,
                        possiede caratteristiche che non possono essere confrontate con nes-  assimilata all’etrusca Uni, da parte di Thefarie Veliana, che
                                                                                           si qualifica come «re di Cere».
                        sun altro gruppo linguistico noto. Esso presenta analogie con l’in-
                        doeuropeo, ma non è una lingua indoeuropea: la sua formazione ri-
                        mane dunque ancora largamente oscura. Da ciò deriva che mentre possiamo leggere una  GUIDAALLOSTUDIO
                        parola perché sappiamo a quale suono ogni lettera corrisponde, non sempre ne inten-  1. I «Villanoviani» erano
                        diamo il significato. Qualche raro testo bilingue ha arricchito molto le nostre conoscen-  contemporanei degli Etruschi?
                        ze dell’etrusco, ma l’interpretazione di singole parole o forme grammaticali è tuttora mol-  2. Che cosa si è scoperto nell’isola
                                                                                                            di Lemno?
                        to ardua e discussa. Lo stato attuale delle nostre conoscenze consente tuttavia d’inten-  3. Che cosa bisogna intendere per
                                                                                                            migrazione dal Vicino Oriente?
                        dere, se non ogni particolare, almeno il senso complessivo di quasi tutti i documenti a  4. Quale lingua e quale alfabeto
                        noi pervenuti.                                                                      usavano gli Etruschi?


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