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                                             Unità 8
                                             Le guerre persiane
                                             e l’imperialismo ateniese



                                             Il palazzo di Dario
                                             I Persiani erano fieri di aver riunito una moltitudine di popoli in un’unica compagine, che giu-
                                             stamente poteva essere definita come «il regno delle quattro parti del mondo». Il carattere uni-
                                             versale del loro impero si riflette nella costruzione dello splendido palazzo reale di Susa, al quale
                                             ogni regione diede il suo contributo, in materiali e in artigiani. Ecco le parole con cui Dario, in
                                             un’iscrizione monumentale, celebrò le imponenti opere per la costruzione della reggia. L’aspetto
                                             tecnico e quello morale si fondono in una solenne armonia.


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                  R. Ghirshman, La civiltà persiana antica, Einaudi, Torino  slazzuli e la corniola qui usati furono por-  Ahura Mazda mi protegga, e protegga pu-
                  1972, pp. 126 sg.                   tati dalla Chorasmia . L’argento e il rame  re mio padre Istaspe e il mio paese.
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                                                      qui adoperati furono portati dall’Egitto.
                  Questo è il palazzo che ho costruito a Su-  Gli ornamenti che decoravano i muri furo-
                  sa. Da lontano sono stati portati i suoi or-  no portati dalla Ionia. L’avorio qui impie-
                  namenti. Il suolo fu scavato finché non rag-  gato fu portato dall’Etiopia, dall’India e  1. Popolazioni dell’Asia Minore.
                  giunsi il letto del suolo. Dopo che il suolo  dall’Arachosia . Le colonne di pietra qui  2. Regione ai confini nord-occidentali dell’India.
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                  fu scavato, è stato ricoperto con ghiaia. Su  adoperate furono portate da una città chia-  3. Località nell’Iran sud-orientale.
                  questa ghiaia fu costruito il palazzo. E ciò  mata Abiradus nell’Elam .  4. In parte corrispondente all’odierno Afghanistan.
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                  che fu scavato nella terra e riempito di  Gli artigiani che scolpirono la pietra erano  5. Oggi tra il Turkmenistan e l’Uzbechistan.
                  ghiaia e macinato in mattoni cotti, l’ha  degli abitanti della Ionia e di Sardi. Gli ora-  6. Regione nell’attuale Afghanistan.
                  compiuto il popolo di Babilonia; il legno di  fi che lavorarono l’oro erano i Medi e gli  7. L’Elam si trovava a ovest del corso inferiore del fiu-
                                                                                           me Tigri.
                  cedro fu portato dalla montagna chiamata  Egiziani. Quelli che facevano gli intarsi era-  8. [®2.11].
                  Libano; il popolo degli Assiri l’ha traspor-  no di Sardi e dell’Egitto. Quelli che faceva-
                  tato fino a Babilonia e da Babilonia a Susa;  no i mattoni smaltati con le figure erano dei
                  furono i Cari e gli Ioni che lo trasportaro-  Babilonesi. E gli uomini che hanno tappez-
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                  no. Il legno di teak fu portato dal Gandha-  zato i muri erano i Medi e gli Egiziani. Qui a  GUIDAALLALETTURA
                  ra e da Kirman . L’oro qui adoperato fu  Susa è stata ordinata un’opera splendida; è  1. Da quali elementi impiegati nell’edificazione del
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                  portato da Sardi e dalla Bactriana . I lapi-  stata realizzata in modo magnifico. Che  persiano?
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                                             «Drappi non stendere sul mio cammino...»

                                             I barbari si distinguono dai Greci non solo per il modo ostentato di vivere la propria ricchezza ma an-
                                             che per i riti e gli onori tributati ai vincitori. Nella tragedia Agamennone del tragediografo ateniese
                                             Eschilo (V sec. a.C.), il protagonista, che dà il titolo all’opera, torna vincitore dalla guerra di Troia e ri-
                                             fiuta i fasti e gli onori che la moglie Clitennestra vuole tributargli. Egli dichiara, infatti, che è «costume
                                             d’uomo barbaro» stendere drappi sul cammino del vincitore e salutarlo con grida festose.


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                  Eschilo, Agamennone, vv. 914-938    pi  non  stendere  sul  mio  cammino,  per  evento posso aver fortuna in questo mo-
                                                      non destar l’invidia: questo è un onore  do, grande è la mia fiducia.
                  AGAMENNONE Figlia di Leda , della ca-  dovuto solo ai numi; a mio giudizio, se un
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                  sa mia custode, il tuo discorso corrispon-  mortale cammina sui mirabili tappeti non
                  de proprio al tempo in cui assente fui: in-  manca una ragione per temere. Ti prego
                  fatti lo hai prolungato assai; ma quella lo-  di onorarmi alla maniera di un uomo, non  1. Secondo la leggenda Clitennestra, moglie di Aga-
                  de che mi spetta è giusto che sia un omag-  di un dio. Pur senza usare stoffe variopin-  mennone, sarebbe nata dall’unione di Leda, moglie di
                  gio fatto da estranei. Inoltre non offrirmi  te che lo sfregar dei piedi rende vivide,  Tindaro re di Sparta, con Zeus trasformatosi in cigno.
                  un voluttuoso fasto, come se una donna  grida la fama. Il non aver pensieri oltraco-  Le uova partorite da Leda avrebbero dato alla luce, ol-
                  fossi, né secondo il costume d’uomo bar-  tanti è immenso dono di un dio. Chiamar  tre a Clitennestra, anche Castore, Polluce, Elena di
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                  baro devi spalancare la bocca con saluto  si deve, dunque, felice chi ha compiuto la  2. Agamennone fa riferimento al tipico costume
                  ululante, mentre ti prostri a terra . Drap-  sua vita in dilettoso benessere. Se in ogni  orientale di prostrarsi ai piedi del re: la «proscìnesi».
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