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                                             Unità 6
                                             La Grecia delle poleis



                  contro l’argento la punta si piegò come piombo.        egli Ifidamante, fratello per padre e per madre,
                  Con la sua mano afferrandola il potente Agamennone     tirava ansioso pel piede, chiamava tutti i più forti;
                  la tirò a sé, furioso come un leone, gliela strappò di mano,  mentre tirava così tra la folla, sotto il concavo scudo
                  lo colpì al collo di spada, gli sciolse le membra.     lo colse con la picca di bronzo, gli sciolse le membra;
                  Così cadde e ivi dormì un sonno di bronzo [...].       allora, appressatosi, gli troncò il collo su Ifidamante.
                  Ma come lo vide Còone, eroe segnalato tra i forti,
                  figlio maggiore d’Antènore, dolore violento
                  coperse i suoi occhi per il fratello caduto;
                  e s’appostò di traverso con l’asta, nascosto al potente   1. Atride perché figlio di Atreo, re di Argo e di Micene.
                                                          [Agamennone,
                  e lo colpì nel mezzo del braccio, sotto il gomito;
                  passò da parte a parte la punta dell’asta lucente.     GUIDAALLALETTURA
                  Rabbrividì Agamennone sire di genti,                   1. Con quali aggettivi è caratterizzato Agamennone?
                  ma non per questo lasciò la battaglia e la lotta,      2. Quali verbi sono utilizzati per descrivere le azioni di Agamennone?
                                                                         3. I combattimenti di Agamennone sono individuali o rientrano in una tattica
                  balzò su Còone, brandendo l’asta nutrita di vento;     militare collettiva?




                                             Dall’eroe aristocratico all’oplita.Fianco a fianco

                                             La tattica oplitica, invece, non lasciava spazio all’iniziativa individuale. Per essere efficace, la fa-
                                             lange doveva infatti muoversi come un unico uomo, con sincronismi perfetti: era un blocco for-
                                             mato da soldati tutti uguali. Un eroe esibizionista, scomposto, avido di gloria personale avrebbe
                                             fatto saltare questo delicato meccanismo mettendo a repentaglio la vita dei compagni. La furia e
                                             l’ardore dei guerrieri omerici doveva quindi lasciare il posto ad altre virtù: il sangue freddo, l’at-
                                             tenzione, l’autocontrollo. Contro questa formazione sincronica e micidiale nulla potevano ormai
                                             gli antichi cavalieri aristocratici: avventarsi al galoppo contro una linea di opliti ben serrati equi-
                                             valeva infatti a un suicidio. Alcuni versi del poeta Tirteo (che visse a Sparta nel VII sec. a.C.) espri-
                                             mono chiaramente questa trasformazione. Per Tirteo l’ideale eroico consiste non solo, com’è ov-
                                             vio, nel coraggio, ma soprattutto nella solidarietà tra guerrieri che hanno un dovere supremo: re-
                                             stare fissi al proprio posto nella schiera e procedere compatti.

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                  Tirteo, frammento 8 Gentili-Prato

                  Siete la prole d’Eracle, l’invitto. Avanti, dunque, fatevi forza! Zeus non torce il collo.
                  Non vi sgomenti il numero e non cedete al panico. Punti ciascuno avanti, con lo scudo,
                  odi la vita, ami le Parche brune della morte come raggiante chiarità di sole.
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                  La guerra lacrimosa annulla tutto: lo sapete, conoscete lo slancio d’aspre lotte.
                  Giovani, foste con fuggiaschi e inseguitori, e d’entrambe le sorti siete sazi.
                  Quegli audaci che vanno fianco a fianco nella mischia serrata, all’arma bianca,
                                                                             [in prima fila,
                  muoiono in pochi e salvano il grosso che va dietro. Quando si trema, ogni valore è spento.
                  E chi potrebbe dire uno per uno i guai di colui che si macchia di vergogna?
                  È cosa così agevole dilacerare il tergo di chi fugge nel vivo della mischia!
                  Ma che sconcio un cadavere che giace nella polvere, trafitto il dorso da punta di lancia!  1. Le Parche o Moire erano divinità che presiedeva-
                  Resista ognuno ben piantato sulle gambe al suolo, mordendosi le labbra con i denti,  no al destino umano, dalla nascita alla morte.
                  nascondendo le cosce, gli stinchi, il petto e gli omeri entro la pancia d’uno scudo immenso;  2. Erano soldati armati alla leggera, in quanto tali di-
                  l’asta possente stringa nella destra e l’agiti, muova tremendo sul capo il cimiero.  stinti dagli opliti.
                  E l’azione gagliarda gli sia scuola di guerra, né con lo scudo resti fuori tiro.
                  Entrando nella mischia, con la lancia o con la spada ferisca e faccia del nemico preda.
                  Appoggi piede contro piede, scudo a scudo, il cimiero al cimiero, l’elmo all’elmo,  GUIDAALLALETTURA
                  s’accosti, petto contro petto, e lotti col nemico brandendo l’elsa della spada o l’asta.  1. Il combattimento militare descritto dal poeta
                                                                                           Tirteo prevede una tattica militare collettiva?
                  Voi, gimneti , di qua di là, scagliate grosse pietre, acquattati al riparo dello scudo,  2. Quali sono gli ideali eroici dei soldati che
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                  dardeggiando coloro con aste lunghe, lisce, collocandovi a fianco degli opliti.  emergono dal passo di Tirteo?

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