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                                                                              La polis: una città senza palazzo


                        gnato sul campo di battaglia gli aristocratici non potevano giustificare la loro posizione sociale do-
                        minante e i loro privilegi economici. Così afferma chiaramente un eroe messo in scena da Omero: il
                        re dei Lici, Sarpedone, che si rivolge al suo compagno Glauco incitandolo al combattimento.



                        DOC3
                         Omero, Iliade, XII, 320-328                            dovessimo vivere sempre, senza vecchiezza né morte,
                                                                                io certo allora non lotterei fra i campioni,
                         Glauco, perché noi due siamo tanto onorati             non spingerei te alla guerra gloria dei forti;
                         con seggi, con carni, con coppe numerose               ma di continuo ci stanno intorno Chere di morte
                                                                                                               3
                         in Licia e tutti guardano a noi come dèi,              innumerevoli, né può fuggirle o evitarle il mortale.
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                         e gran tenuta abitiamo in riva allo Xanto 2            Andiamo: o noi daremo gloria a qualcuno o a noi quello.
                         bella d’alberata e arativo ricco di grano?
                         Ora bisogna che noi, se siamo i primi dei Lici,
                         stiamo saldi e affrontiamo la battaglia bruciante,
                         perché qualcuno dei Lici forti corazze dica così:      1. La Licia era una regione dell’attuale Turchia sud-occidentale.
                                                                                2. Un importante fiume della Licia.
                         «Non ingloriosi davvero comandano in Licia             3. Le Chere erano le dee della morte.
                         i re nostri e grasse greggi si mangiano
                         e vino scelto, dolce come il miele; ma han forza       GUIDAALLALETTURA
                         grande, perché tra i primi dei Lici combattono!».      1. In che modo sono onorati gli eroi lici Sarpedone e Glauco?
                         O amico, se noi ora, fuggendo a questa battaglia,      2. In quale modo hanno la possibilità di raggiungere gli onori?





                        Dall’eroe aristocratico all’oplita.
                        Eroici furori
                        Nelle società arcaiche, dominate dagli aristocratici, l’arma più
                        importante era la cavalleria: arma costosa e nobile, riservata a
                        un numero ristretto di individui dotati di rilevanti risorse eco-
                        nomiche e che avevano molto tempo da destinare all’adde-
                        stramento. Quando i cavalieri entravano nella mischia, i fanti
                        nemici, schierati in ordine sparso e armati alla leggera, erano
                        solo carne da macello: la vera battaglia si svolgeva tra cavalie-
                        ri. Il guerriero aristocratico combatteva con eroico furore,
                        quasi invasato da un dio. Era un grande protagonista, anima-
                        to da un unico scopo: far risplendere il proprio eccezionale va-
                        lore. Le battaglie descritte nei poemi omerici sembrano, non a
                        caso, più una moltiplicazione di duelli individuali – eroe con-  π Una schiera di opliti
                        tro eroe – che uno scontro di eserciti.               L’immagine riporta il particolare della decorazione di una brocca protocorinzia
                        In questi versi dell’Iliade vediamo Agamennone fare strage di  del VII sec. a.C. con gli opliti muniti dei grandi scudi schierati in posizione di
                        nemici troiani irrompendo sulla scena come una belva.  combattimento.



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                         Omero, Iliade, XI, 172-180, 218-261                    Ditemi ora, o Muse, che avete sede in Olimpo,
                                                                                chi si fece per primo incontro ad Agamennone
                         Molti fuggivano ancora in mezzo alla piana, come vacche che   o dei Troiani o degli illustri alleati.
                                                                      [il leone,  Ifidamante figlio d’Antènore, grande e gagliardo [...].
                         venendo nel buio notturno, ha fatto fuggire tutte;     Questi venne allora incontro all’Atride Agamennone.
                         a quella cui s’avvicina, baratro s’apre di morte [...].  E, quando furon vicini, marciando l’uno contro l’altro,
                         Così inseguiva l’Atride , il forte Agamennone,         l’Atride sbagliò mira, andò deviata la lancia;
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                         sempre uccidendo l’ultimo; essi fuggivano.             Ifidamante, invece, alla cintura sotto il piastrone
                         Molti cadevano giù dai cavalli, proni o riversi        colpì, spingendo con forza, fidando nella mano pesante.
                         sotto l’Atride; egli infuriava tremendo con l’asta. [...]  Ma non trapassò la cintura lucida, molto prima


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