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Storie DOSSIER
di vivi e di morti
a percezione egizia della morte oscillava tra due sentimenti contrapposti: da un lato, una pes- In che modo gli
Lsimistica rassegnazione rispetto a un aldilà immaginato come tetro e minaccioso; dall’altro, la Egizi percepivano
visione serena di un aldilà immaginato come un mondo felice e privo di affanni. la morte?
Ad esempio, un canto rinvenuto scolpito sulla parete di un edificio tombale databile alla fine del III
millennio a.C., invita a non curarsi dei morti, a vivere e a godere della vita poiché l’ineluttabilità del
destino non fa tornare in vita chi è morto: è evidente l’immagine di un aldilà percepito come ango-
sciante e incombente [®DOC1]. Allo stesso modo, in un dialogo immaginario tra un uomo stanco
di vivere e la propria anima, quest’ultima invita l’uomo a desistere dal suicidio, consigliandogli la vi-
ta terrena, in cui dilagano ingiustizia e malvagità, perché sicuramente preferibile alla sorte che at-
tende gli esseri umani dopo la morte [®DOC2].
In esplicita antitesi con la concezione della morte espressa nei canti precedenti si pone un testo ri-
trovato in una tomba tebana del Nuovo regno: l’aldilà viene descritto come un luogo giusto, corret-
to, privo di lotte che invece insanguinano il mondo dei vivi e in cui non ci sono nemici [®DOC3].
La morte non significava per gli Egizi la scomparsa dalla faccia della terra: presente con la sua es-
senza spirituale, con il suo corpo reso incorruttibile dalla mummificazione, con la sua casa e la sua
immagine fissate nella tomba e nella statua, il defunto continuava a intrattenere rapporti con i vivi.
Non si trattava solo degli incontri che avvenivano periodicamente, quando i vivi si recavano al se-
polcro per portare offerte e celebrare i rituali di commemorazione del defunto; si riteneva, infatti,
che i morti interagissero costantemente con il mondo terreno e influenzassero direttamente l’esi-
stenza delle persone con cui avevano avuto rapporti in vita. La rappresentazione più esplicita dell’i-
dea che il trapassato fosse una personalità viva e attiva era costituita dalla pratica dei rapporti epi-
stolari tra i vivi e i morti [®DOC4].
Che cosa è avvenuto di loro?
Un canto, scritto in origine sulla parete della tomba di Antef, un principe tebano vissuto intorno
al 2100 a.C., rappresenta con accenti accorati il carattere effimero dell’esistenza umana, il dolore
della separazione dalla vita terrena e l’inconoscibilità del destino. Un unico consiglio si poteva da-
re ai viventi: godere, finché era concesso, di tutto ciò che di buono offriva la vita.
DOC1
M. Müller, Die Liebespoesie der alten Ägypter, Leipzig 1899, pp. 29 sgg. Ma non ode la loro lamentazione
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colui che ha il cuore stanco ,
Periscono le generazioni e passano, finché giungiamo a quel luogo i loro pianti
altre stanno al loro posto, dal tempo dove sono andati essi. non salvano nessuno dalla tomba.
[degli antenati: Rallegra il tuo cuore: Pensaci,
i re che esistettero un tempo ti è salutare l’oblio. passa un giorno felice
riposano nelle loro piramidi, Segui il tuo cuore e non te ne stancare.
son seppelliti nelle loro tombe fintanto che vivi! Vedi, non c’è chi porta con sé i propri
i nobili ed i glorificati egualmente. Metti mirra sul tuo capo, [beni,
Quelli che han costruito edifici, vestiti di lino fine, vedi, non torna chi se n’è andato.
di cui le sedi più non esistono, profumato di vere meraviglie
che cosa è avvenuto di loro? [...] che fan parte dell’offerta divina.
I muri sono caduti Aumenta la tua felicità, 1. Il giorno della lamentazione funebre, cioè quello
le loro sedi non ci son più, che non languisca il tuo cuore. della morte.
come se mai fossero esistite. Segui il tuo cuore e la tua felicità, 2. Colui che è morto.
Nessuno viene di là, compi il tuo destino sulla terra.
che ci dica la loro condizione, Non affannare il tuo cuore, GUIDAALLALETTURA
che riferisca i loro bisogni, finché venga per te quel giorno della 1. Quale domanda si pone l’autore del testo?
che tranquillizzi il nostro cuore, [lamentazione . 2. Che cosa invita a fare?
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