Page 370 - Storia dell'inquisizione spagnola
P. 370
re, il padre Eleta. Ma i suoi principi regalisti rimasero quelli
del governo di Carlo III e furono anche ampliati dal rescritto
del 1768 che definì con precisione le modalità della censura
inquisitoriale. Le motivazioni dei procuratori del Consiglio di
Castiglia (fra cui Campomanes) sottolineavano apertamente
gli abusi di potere di cui l’Inquisizione si era resa colpevole
in passato e affermavano la necessità di riportarla a ciò che
era stata, una emanazione dell’autorità monarchica. Il
rapporto precisava anche che Sua Maestà aveva il diritto di
«illuminarla e dirigerla, di correggere i suoi abusi, di
limitarla e anche di sopprimerla, se lo richiedevano la
necessità e l’utilità...».
La minaccia era esplicita, e spiega in larga misura quella
reazione di difesa del Santo Uffizio che fu il processo di
Olavide, l’ultimo grande processo inquisitoriale, del quale
abbiamo fatto un breve resoconto nel capitolo II, ma la cui
storia è stata scritta con perizia da Marcelin Deforneaux.
Olavide fu un bersaglio ideale. Poiché non era al vertice
della gerarchia politica, il suo processo non colpiva
direttamente il re. Inoltre, Olavide aveva commesso diverse
imprudenze, sbandierato troppo la sua amicizia con i
philosophes, i suoi libri, le sue relazioni, la sua visita di
omaggio al patriarca di Ferney. Le denunce del cappuccino
tedesco, fra Romualdo, contro Olavide furono l’occasione che
l’Inquisizione seppe cogliere. Perché, se Carlo III era un
sovrano riformatore, era altresì un uomo molto religioso,
molto scrupoloso e si preoccupava facilmente. Forse la cosa
più sorprendente è che il processo di Olavide sia avvenuto
quando l’Inquisitore generale era Felipe Beltran, prelato
tollerante e moderato, d’ispirazione giansenista, la cui
nomina era stata accolta con favore dall’opinione pubblica
illuminata. Ma la maggioranza del Consiglio Supremo
dell’Inquisizione sembra aver seguito in questa causa il
confessore del re, il padre Eleta, egli stesso membro
influente del Consiglio.
Ma non lasciamoci ingannare dall’ultimo squillo di tromba.
Lo spirito dei lumi e la laicizzazione dell’amministrazione