Page 368 - Storia dell'inquisizione spagnola
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Marcelin Deforneaux è «di tutte le istituzioni spagnole [...]
quella che agli occhi dell’opinione illuminata costituisce il
simbolo più perfetto del “fanatismo” spagnolo». Poco
importa che questa opinione sia contestabile, essa è
largamente condivisa. La letteratura dei lumi è sotto questo
aspetto edificante, che si tratti dell’articolo dedicato al conte
di Aranda nel Dictionnaire philosophique di Voltaire, delle
voci dell’Encyclopédie o anche del Nouveau Voyage en
Espagne, del cavaliere di Bourgoing, che pur essendo ben
disposto verso la Spagna, definisce l’Inquisizione «mostro».
È possibilissimo che molti ministri spagnoli illuminati
abbiano desiderato sopprimere l’Inquisizione. Il conte di
Aranda se ne è almeno vantato e ha fatto ricadere su alcuni
imprudenti articoli di Voltaire la responsabilità del suo
insuccesso. L’opera di Campomanes attesta la sua profonda
ostilità verso il tribunale, e i sentimenti di Javallornos non
erano diversi.
L’affare Macanaz, aveva indicato fin dall’inizio del
Settecento che gli attacchi al Santo Uffizio avrebbero potuto
venire da molto in alto. Giurista appassionato, votato al
rafforzamento della monarchia e dei suoi poteri politici,
Macanaz redasse nel 1713 per conto di Filippo V un
documento estremamente fermo in cui negava a Roma ogni
diritto giuridico sulla Chiesa spagnola e sul Santo Uffizio.
Pur affermandosi sostenitore dell’Inquisizione, Macanaz
dichiarava: «L’Inquisizione spagnola non ha altri padroni che
Dio e il re». Macanaz si opponeva all’indipendenza che il
tribunale aveva acquistato sotto il regno dell’infelice Carlo II
e che mirava a farne uno Stato nello Stato.
Gli intrighi personali e diplomatici che portano alla vittoria
del partito italiano (al quale si appoggiava allora il cardinale
Giudica, Inquisitore generale) e la caduta di Macanaz sono di
scarsa importanza per il nostro argomento. Comunque sia,
nel 1747, al tempo dei contrasti per l’Indice, gli inquisitori
non hanno più lo stesso atteggiamento e ricominciano a
sostenere il regalismo. Ma se il re e i suoi ministri intendono
ridurre i poteri del Santo Uffizio, questa posizione può