Page 267 - Storia dell'inquisizione spagnola
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predicatore  del  re,  suo  favorito,  suo  rappresentante  al

               concilio  di  Trento,  predicatore  in  Inghilterra  contro  gli
               eretici.  Egli  ha  pubblicato  ad  Anversa  un  Commentario  sul
               catechismo in volgare,  una  grossa  opera  assai  indigesta,  di
               cui alcuni  brani  sulla  giustificazione  sembrano  attenuare  il
               valore  delle  opere  a  vantaggio  della  gratuità  della  grazia
               divina. La loro stesura manca di precisione e possono essere
               male  interpretati.  All’uscita  del  libro,  vengono  considerate

               spiacevoli imprecisioni: alla fine del 1557 non c’era ancora la
               frenesia  antiluterana.  Ma  ben  presto  Valdés,  al  quale
               d’altronde Carranza non è simpatico, si preoccupa. Alla luce
               degli  avvenimenti  di  Siviglia  e  di  Valladolid,  il  Catechismo
               assume un carattere pericoloso: in quei tempi difficili per la
               fede,       formulazioni           ammissibili           qualche         anno       prima,

               diventano  inaccettabili.  Il  re,  avvertito  all’ultimo  momento
               delle  sue  intenzioni,  approva  obtorto  collo  tenendo  conto
               della situazione generale. Il seguito è solo peripezia.
                  L’arcivescovo di Toledo è stato arrestato dall’Inquisizione.
               Ecco cosa ricorda il popolo. Il prestigio dell’Inquisizione ha
               raggiunto la vetta. Essa è il supremo garante, la sola difesa
               contro  l’eresia,  al  di  sopra  dei  letterati,  dei  vescovi  che  si

               sono infamati. «Nessuno osa opporvisi, il re stesso la teme»,
               constata  malinconicamente  l’Alguacil  Mayor  di  Talavera  la
               Reina.  Il  suo  collega  Agustín  Pérez  gli  fa  eco:  «E  dire  che
               hanno arrestato l’arcivescovo in mezzo ai suoi vassalli e che
               nemmeno uno ha avuto il coraggio di difenderlo».
                  Questo prestigio spiega la storia di Juan de Montoya. Egli è

               fabbro  a  Pedrezuela,  vicino  a  Torrelaguna.  L’Inquisizione
               l’ha assunto per aiutare ad arrestare Carranza. Da allora egli
               sostiene di essere famiglio. Non ne  ha  alcun  titolo,  nel  suo
               villaggio  si  sa  che  è  per  metà  morisco,  ma  poiché  ha
               partecipato  a  un  avvenimento  così  sensazionale,  tutti  lo
               credono,  compreso  il  famiglio,  quello  vero,  che  lo  tratta
               come un collega. Ma svela egli stesso il segreto rifiutandosi

               di inseguire un evaso dalle prigioni del Santo Uffizio .
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                  Repressione  e  propaganda.  —  Ciò  che  segue  non  fa  che
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