Page 237 - Storia dell'inquisizione spagnola
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Un  breve  interrogatorio  per  accertarne  l’identità:  ha  32

               anni,  è  figlia  di  Damian  Montero  e  di  sua  moglie  Ana,
               ambedue madrileni. «Vecchia cristiana?» «Sì.» «Garantito?»
               «Garantito.» «Che reciti le preghiere.» Lo fa, e bene. Non ha
               l’abitudine di bestemmiare, la collera la giustifica, si difende
               lei. Chiede la penitenza. Il notaio registra la sentenza, come
               quella         precedente,            sullo       stesso        foglio        presentato
               dall’accusata:  farà  dire  una  messa  bassa  che  ascolterà

               devotamente  recitando  tre  Pater  e  tre  Ave  in  onore  della
               Santissima Trinità. E che d’ora in poi si controlli .
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                  Ecco  fatto!  Così  si  liquidano,  prima  del  1560,  in  pochi
               minuti,  i  bestemmiatori.  Naturalmente  ci  sono  cause  più
               lunghe,  che  richiedono  l’intervento  di  numerosi  testimoni,
               che durano giorni, a volte mesi, e che hanno prodotto quei

               voluminosi  fascicoli  che  fanno  la  felicità  degli  scribi.  Ma,
               salvo eccezioni, sono cause semplici, brevi, in cui si disturba
               il meno possibile l’accusato. È raro che lo si invii al carcere
               preventivo,  è  raro  che  lo  si  convochi  a  Toledo.  Il  più  delle
               volte  si  aspetterà  che  venga  a  denunciarsi,  o,  se  ci  sono
               testimoni contro di lui, sarà chiamato dal primo inquisitore
               che passerà  dal  suo  villaggio.  Raramente  la  pena  supererà

               quelle  di  cui  abbiamo  riferito:  una  penitenza  spirituale,
               spesso  accompagnata  da  un’ammenda,  mai  molto  forte,
               proporzionata alle risorse dell’accusato.
                  Si  fanno  delle  eccezioni,  ma  solamente  nei  casi  gravi.
               Come  quell’Esteban  Gómez,  residente  a  Iglesuela,  un
               paesotto  a  nord  di  Talavera.  Lo  conosciamo  bene  ormai,

               perché fra il 1537 e il 1554 accumula una serie di denunce e
               di processi. Operaio a giornata e ciabattino nel 1573, si eleva
               socialmente  grazie  al  proprio  lavoro  e  a  quello  della  sua
               numerosa famiglia. Nel 1547 viene qualificato «giornaliero e
               contadino»,  vuol  dire  che  possiede  un  po’  di  terra,  ma  non
               abbastanza  per  ricavarne  di  che  vivere.  L’ammenda  di  40
               ducati  che  l’Inquisizione  gli  infligge  quell’anno  lo  porta

               sull’orlo della rovina; tuttavia la paga senza intaccare i suoi
               beni immobili, ci riesce a malapena e grazie allo sconto di sei
               ducati  che  gli  concedono.  Sette  anni  dopo  è  contadino  e
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