Page 230 - Storia dell'inquisizione spagnola
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Nel complesso, la confessione del patto demoniaco è rara,
e quando accade, l’Inquisizione rivela una estrema prudenza.
Casilda de Pebanes, interrogata dall’Inquisizione di
Valladolid nel 1622, ne è un esempio. La sua causa, se
l’Inquisizione le avesse accordato qualche credito, avrebbe
potuto suscitare un’ondata di denunce a Villeriez, dove
risiede. Presa da un tardivo rimorso, essa confessa come,
sette anni prima, a Natale, fosse stata costretta da una
vicina ad adorare Satana e ad accoppiarsi con lui. Confessa
anche delle escursioni notturne durante le quali le due
donne succhiavano le dita dei piedi e delle mani dei loro
vicini addormentati. Poche cose mancano al racconto di
Casilda per riconoscervi lo stereotipo dei maneggi delle
streghe. Circospetto il Santo Uffizio ordina una inchiesta
discreta, e si scopre che durante il Natale del 1615 Casilda
era stata colta da una febbre accompagnata da tremiti.
Il 16 marzo 1622, il tribunale ordina che venga riconciliata
nella sala delle udienze e assolta. Una volta ancora
l’Inquisizione riconosce nella confessione il prodotto
dell’immaginazione delirante di una donna, causa naturale
che il Santo Uffizio non deve giudicare.
I casi di «stregoneria» in Spagna sono per la maggior
parte casi di superstizioni, invocazioni, incantesimi e
sortilegi.
La linea di demarcazione fra il magico e il sacro è a volte
molto vaga.
Lorenza Valesillo, perseguitata a Valladolid negli anni
1622-1626, prediceva l’avvenire servendosi di fave e
dell’invocazione seguente: «Io vi scongiuro per volere di Dio,
quanto è vero che Dio esiste, di dirmi la verità esprimendo
ciò che voglio sapere».
Di fronte all’impotenza o alla sconfitta, la magia è
l’estrema risorsa, come per l’insuccesso amoroso. Lorenza
Valesillo, ancora lei, invoca Satana questa volta perché il
prete che ama la contraccambi: «Io ti chiamo, ti lego, ti
incanto, accorri al mio richiamo, che tu non abbia più pace
finché non verrai a cercarmi e che non ti piaccia mai più