Page 229 - Storia dell'inquisizione spagnola
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pubblico e al bando per aver sostenuto che lo Spirito Santo,
sotto forma di una colomba, le aveva detto che aveva il
potere di guarire con le erbe.
L’abiura de levi, le frustate e il bando sono le pene più
frequenti. Infatti, nel complesso, questi casi sono benigni e
hanno più le caratteristiche della superstizione che della
stregoneria, testimoniando la persistenza di una mentalità
magica. L’Inquisizione spagnola non si è lasciata
impressionare da questo tipo di pratiche, che non sono per
lei che stregoneria, hechicerías, frutto della fantasia
sbrigliata di donne impressionabili.
Così, essa non si accanisce per ottenere delle confessioni
ad ogni costo e applica poco la tortura adatta a ogni tipo di
delirio verbale; del resto, la maggior parte delle accusate
confessano facilmente le loro credenze e le loro pratiche.
Alcune riconoscono anche di aver concluso un patto
satanico, suggellato con un accoppiamento col diavolo.
Basta citare come esempio il caso di Mencia Fernández di
Lozar, una morisca abitante a Granada, che compare
all’autodafé del 29 settembre 1576 in questa stessa città.
Denunciata come strega e mezzana, incarcerata nelle
segrete dell’Inquisizione, essa confessa di essere araba e di
aver compiuto le cerimonie della sua religione, di aver
concluso un patto con Satana, che più volte l’aveva
posseduta e che poi il demonio l’aveva lasciata perché si era
sposata con un altro. Il suo zelo missionario e la sua
ingenuità facevano ridere Satana – dichiara lei stessa –
quando cercava di insegnargli le preghiere dell’Islam.
Per i suoi atti di stregoneria, essa venne inviata
all’autodafé con l’abito e la tunica da penitente, esposta alla
pubblica riprovazione, e lì condannata a sei mesi di carcere e
alla confisca dei beni.
Secondo Menéndez Pelayo, l’accusa di stregoneria viene
spesso mossa ai moriscos, senza che questa frequenza
suffraghi alcuna certezza. I casi da lui citati si riferiscono a
persone che possiedono libri in lingua araba, che si suppone
contengano formule evocatorie.