Page 127 - Storia dell'inquisizione spagnola
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Quando, nel 1627, si accerta abbastanza rapidamente che i
testimoni a carico della beata Jeronima de Noriega sono
spergiuri e malintenzionati, tanto che la causa viene sospesa,
essi non vengono denunciati per calunnia. Questo
atteggiamento è sufficiente a dimostrare fino a che punto il
Santo Uffizio ci teneva a conservare il contributo delle
testimonianze segrete che sostenevano la sua azione.
Le vere ragioni: la memoria dell’infamia
La protesta dell’opinione pubblica spagnola all’inizio del
secolo XVI contro il diritto inquisitoriale traeva argomento
anche dalla inconcepibile infamia che colpiva i figli dei
condannati dal Santo Uffizio. Juan de Mariana rievoca questa
protesta: «Ciò che loro pareva più strano era che i figli
dovessero pagare per i delitti dei genitori». E il progetto di
prammatica preparato da Jean Le Sauvage prevedeva
d’altronde che fossero ritirati i sanbenitos (di cui si parla più
avanti), quelle tuniche d’infamia che dovevano essere appese
nelle chiese del luogo di residenza dei condannati per
perpetuare la memoria della loro ignominia.
Sappiamo che questa protesta si infranse contro la volontà
regia ed è indubbio che una delle ragioni del terrore che
ispirava il Santo Uffizio era il marchio d’infamia che pesava
su tutta una casata dopo la condanna grave di uno dei suoi
membri.
Tre erano i mezzi di cui disponeva l’Inquisizione per
coprire d’infamia un uomo o una donna. Il meno grave era la
penitenza pubblica perché era un fatto isolato e poteva
essere cancellato col tempo: una parte dei condannati
doveva comparire alla processione dei penitenti durante uno
dei grandi autodafé che venivano celebrati ogni anno o ogni
due o tre anni in ogni città sede di un tribunale. Nel corso
della cerimonia i condannati sconfessavano i loro errori de
levi (casi di lieve sospetto) o de vehementi (casi di forte
sospetto), nei casi più gravi e, se si erano pentiti, venivano