Page 94 - Per la difesa dello Spiritismo
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comunicante, il quale aveva iniziato la conversazione nella lingua del
          medium - cioè l’inglese - lo invitarono a proseguire nel linguaggio
          natio; ciò che venne fatto immediatamente; e in altra circostanza, una
          signora russa, maritata in Danimarca, rivolse la parola in Danese a
          uno spirito comunicante; ma questi, rivelatosi per il di lei fratello
          defunto,   osservò:   «Sono   Oscar;   parliamo   in   russo».   E   la
          conversazione fu continuata in russo.
                 Per brevità, mi limiterò a riferire un solo episodio del genere,
          in cui la conversazione si svolse in lingua giapponese.
                 Nella sera del 18 marzo 1925, fu invitato a una seduta il poeta
          giapponese Gonnoskè Komai; ed il Bradley riferisce in proposito
          quanto segue:
                 «L’episodio più drammatico della seduta si svolse quando una
          “voce” si rivolse in giapponese al signor Gonnoskè Komai. Per due
          volte   la   “tromba   acustica”   ricadde   a   terra   prima   che   lo   spirito
          comunicante   pervenisse   ad   acquistare   forza   sufficiente   per
          materializzare la propria voce. Quindi la tromba luminosa si rialzò da
          terra per la terza volta, si trasportò di fronte al signor Komai, e lo
          toccò due o tre volte: dopo di che, scaturirono dalla tromba queste
          parole: “Gonnoskè! Gonnoskè!” - Tale richiamo al proprio nome,
          impressionò vivamente il signor Komai, e ciò per una ragione di cui
          parleremo tra poco.
                 La voce andò gradatamente acquistando vigore, e infine diede
          il proprio nome: “Otani”. L’identità del comunicante essendo così
          stabilita, si svolse un breve dialogo in lingua giapponese, in cui il
          defunto parlò soprattutto dei suoi figli.
                 In seguito, il signor Komai ci ragguagliò in merito a una
          circostanza molto importante, la quale si riferisce al fatto che lo
          spirito   comunicante   lo   aveva   salutato   chiamandolo   per   nome:
          “Gonnoskè! Gonnoskè!”. Ora, a norma dei costumi giapponesi, solo
          il fratello maggiore, o il padre o la madre, hanno il diritto di salutare
          pronunciando   il   nome   personale   di   un   famigliare;   vale   a   dire,
          pronunciando il nome da noi chiamato “di battesimo”. Orbene: è
          altamente suggestivo il riscontrare che lo spirito manifestatosi al
          Gonnoskè aveva il diritto di comportarsi in tal guisa, in quanto era il


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