Page 92 - Per la difesa dello Spiritismo
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DEI FENOMENI DI «XENOGLOSSIA»
                                 (VI e VII categoria)


                 Proseguendo nell’analisi critica delle obbiezioni rivolte dal
          Sudre   alle   categorie   speciali   di   manifestazioni   spiritiche   qui
          considerate, mi trovo a dover accennare alla sesta ed alla settima
          delle categorie medesime, in cui si contemplano rispettivamente i
          casi delle «personalità dei defunti i quali conversano o scrivono
          correntemente in una lingua ignorata dal medium, e talora da tutti i
          presenti» (Glossolalia o Xenoglossia); e i casi delle «personalità dei
          defunti   le   quali   scrivono   correntemente   con   la   calligrafia   loro
          particolare   in   vita»   (il   che   è   infinitamente   diverso   dall’altro
          fenomeno analogo della riproduzione supernormale di una semplice
          firma).
                 In merito ai casi di Glossolalia, o Xenoglossia, il Sudre vi
          accenna in guisa più ancora insufficiente e superficiale di quanto fece
          per le altre categorie di fenomeni fin qui discusse. Egli scrive:
                 «I casi in cui il soggetto medianico si mette a parlare una
          lingua straniera ch’egli dice di non conoscere debbono esaminarsi
          con la presunzione di scoprire in essi dei fenomeni di criptomnesia.
          Flournoy ne cita alcuni esempi, tra i quali è notevole il caso di una
          vecchia   signora  che,  nella   crisi  di  un  delirio,   si  mise  a   parlare
          l’indostano.   Ora   essa   non   aveva   più   sentito   parlare   tale   lingua
          dall’età di quattro anni, quando aveva abbandonato l’India. Elena
          Smith aveva assimilato ciò che sapeva di “sanscrito” sfogliando una
          grammatica od altri documenti scritti in tale lingua. Il soggetto del
          Richet scriveva delle frasi  in greco moderno le  quali  erano dei
          paradigmi del dizionario di Bysantius. Gli errori in cui cadde, erano
          d’ordine   visuale   e   non   già   grammaticale,   “come   se   i   caratteri
          tipografici fossero stati visti da lontano e superficialmente trascritti
          da qualcheduno che non sapesse il greco”... Infine, nel caso rarissimo
          in cui un soggetto risponda a domande rivoltegli in una lingua ch’egli
          assolutamente ignora, bisogna ammettere ch’egli si valga dei ricordi
          della personalità che incarna».
                 Così il Sudre; e in base a quanto osserva, emerge ch’egli non


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