Page 46 - Un fisico in salotto
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Il moto browniano


          Nel 1827, esaminando al microscopio piccole particelle di polline contenute in una
          goccia d’acqua, il botanico scozzese Robert Brown (1773-1858) osservò che esse,
          indipendentemente le une dalle altre, erano animate da un incessante movimento a
          ‘zig-zag’.
             Esclusa  la  possibilità  che  tale  fenomeno  sia  dovuto  alla  presenza  di  piccoli

          organismi viventi, il moto browniano costituisce di fatto la prova dell’esistenza del
          moto molecolare: le particelle di polline sono infatti abbastanza grandi da essere
          visibili al microscopio, tuttavia esse sono abbastanza piccole da essere mantenute in
          movimento e continuamente deviate qua e là dagli urti che ricevono da parte delle
          invisibili molecole d’acqua che le circondano.
             Questa  è  una  prima  indicazione  del  fatto  che,  in  Natura, nulla  è  rigorosamente
          fermo.

             Le molecole sono in continuo movimento ma è chiaro che noi, guardando anche un
          volume  piccolissimo  di  acqua,  non  possiamo  accorgerci  di  questo  movimento.
          L’acqua  in  un  bicchiere  ci  appare  assolutamente ferma:  infatti,  quello  che  noi
          osserviamo  è  il  comportamento medio  di  un  numero  comunque  grandissimo  di
          molecole  d’acqua.  Per  ogni  molecola  che  si  muove  in  una  certa  direzione  ce  n’è
          un’altra che si muove in verso opposto. La media è zero, esattamente come se non ci

          fosse movimento.
             Possiamo avere facilmente un prova indiretta dell’esistenza del moto browniano e
          del moto molecolare in genere, con un esperimento veramente semplice: basta far
          cadere una goccia di inchiostro in un bicchiere d’acqua.
             Inizialmente la colorazione dell’acqua è concentrata in una specie di ‘nuvola’ dai
          contorni  abbastanza  ben  definiti  che  cambia  rapidamente  aspetto  al  passare  del
          tempo.  Fin  qui  non  troviamo  nulla  di  sorprendente:  infatti  ci  aspettiamo  che  la

          perturbazione generata dalla caduta della goccia di inchiostro abbia determinato la
          formazione di piccole ‘correnti’ che determinano un certo allargamento irregolare
          della  goccia  stessa  nell’acqua.  Cosa  ci  dovremmo  aspettare,  trascorso  un  po’  di
          tempo?
             Una  eventualità  potrebbe  essere  questa:  l’attrito  viscoso  dell’acqua  dovrebbe

          avere completamente arrestato il movimento iniziale della nuvola di inchiostro che
          per conseguenza dovrebbe poi mantenere indefinitamente una certa forma irregolare.
             Un’altra  aspettativa  potrebbe  essere  invece  questa:  supponiamo  che  il  peso
          specifico dell’inchiostro sia leggermente inferiore a quello dell’acqua; trascorso un
          po’  di  tempo  dalla  caduta  della  goccia,  a  perturbazione  passata,  l’inchiostro
          dovrebbe  essere  completamente  risalito  a  galla,  formando  una  sottile  pellicola
          colorata sulla superficie dell’acqua, come accade versando una goccia d’olio.
             Oppure,  supponiamo  che  il  peso  specifico  dell’inchiostro  sia  leggermente

          superiore a quello dell’acqua: in questo caso un sottile strato di inchiostro dovrebbe
          essersi depositato sul fondo del bicchiere.
             Ebbene,  trascorso  un  certo  tempo,  breve  o  lungo  che  sia,  ci  accorgiamo  che
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