Page 123 - Un fisico in salotto
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A questo punto possiamo facilmente capire perché un astronauta, inizialmente
fermo rispetto alle pareti della sua cabina spaziale in caduta libera, continui a
‘galleggiare’ indefinitamente fra esse.
Supponiamo che, utilizzando qualche maniglia all’interno dell’astronave, egli si
posizioni a una certa distanza dalle pareti e dal pavimento dell’astronave e poi lasci
la presa.
Inizialmente egli è fermo rispetto all’astronave. Dunque, orbitando intorno alla
Terra, procede con la stessa velocità dell’astronave.
D’altra parte, l’azione della gravità imprime la stessa accelerazione tanto
all’astronave quanto all’astronauta. Quindi le distanze relative fra astronauta e
astronave si mantengono immutate, secondo quello che abbiamo appena discusso; e
l’astronauta continua a fluttuare ‘a mezz’aria’, indefinitamente.
Egli, anche se sfiora il pavimento dell’astronave, non va a spingere dunque contro
il pavimento stesso; non ‘pesa’ sull’astronave, insomma.
Così pure... lo stomaco dell’astronauta non preme sul diaframma. E il liquido
contenuto nel labirinto dell’orecchio non preme sulle pareti dei canali
semicircolari, preposti a generare quello che chiamiamo senso dell’equilibrio.
L’astronauta ha così tutta la serie di sensazioni che accompagnano questo stato di
caduta libera.