Page 121 - Fisica per non fisici
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Vi sarà capitato molte volte di voler controllare la pressione dei pneumatici della
          vostra auto. Per questo siete andati dal vostro benzinaio, avrete svitato il cappuccio
          che copre la valvola del pneumatico anteriore destro che vi sembrava un po’ troppo
          gonfio  e  avete  applicato  il  manometro:  tutto  a  posto!  Il  manometro  segna  2,2

          atmosfere di pressione che sono quelle giuste ma... attenzione. A rigore, la pressione
          del pneumatico era effettivamente superiore a 2,2 atmosfere. Già, perché quando il
          manometro vi indica la pressione, esso ha «rubato» un po’ d’aria dal pneumatico.
          L’osservazione della pressione ha dunque introdotto un’alterazione della pressione

          stessa. Magari questa alterazione è di fatto irrilevante; ma, ancora una volta, in linea
          di principio,  l’osservazione  di  una  grandezza  fisica,  come  nel nostro  esempio  la
          pressione, ha modificato la grandezza stessa.
              C’è da dire che, con l’utilizzo di tecniche sempre migliori, possiamo aspettarci di

          poter ridurre quanto vogliamo le perturbazioni che accompagnano l’osservazione del
          sistema fisico  che  stiamo  studiando.  Ebbene,  vedremo  in  seguito  che  invece  la
          Natura pone un limite a questa possibilità.





          La radioattività e la struttura dell’atomo


          Nel 1896, quasi per caso, il fisico francese Henri Becquerel (1852-1908) si accorse

          che i sali di uranio impressionano le lastre fotografiche anche se queste ultime sono
          nel loro involucro di cartone che le ripara dalla luce.
              Egli  notò  che  l’intensità  di  tale  fenomeno  dipendeva  dalla  quantità  di  uranio
          presente nei sali. Per il resto, essa non mutava facendo reagire chimicamente l’uranio
          con  altre sostanze,  oppure  cambiando  condizioni  esterne  come  per  esempio  la

          temperatura. Ciò indicava che questo fenomeno, chiamato in seguito da Marie Curie
          (1867-1934) radioattività, era una proprietà intrinseca dell’atomo di uranio.
              In effetti l’uranio e altre sostanze radioattive come il polonio e il radio, scoperte

          da  Marie  Curie, emettono spontaneamente raggi gamma. Tali raggi non sono altro
          che onde elettromagnetiche proprio come le onde luminose.
              La differenza è che la lunghezza d’onda dei raggi gamma può essere anche milioni
          di volte più piccola di quella della luce visibile e, proprio per questo, tali raggi
          trasportano  una grande  quantità  di  energia  attraversando  facilmente  il  cartone  che

          protegge la lastra o una pellicola fotografica.
              In seguito si è scoperto che i materiali radioattivi non sono soltanto sorgenti di
          onde elettromagnetiche ma emettono spontaneamente anche particelle materiali che

          sono  chiamate  raggi  alfa  e raggi  beta.  I  raggi  alfa  sono  particelle  cariche
          positivamente  e  hanno  una  struttura  piuttosto  complessa.  Le  particelle  beta  sono
          invece molto più leggere delle particelle alfa e sono cariche negativamente: si tratta
          semplicemente di elettroni.
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