Page 34 - Nietzsche - Genealogia della morale
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sarebbe possibile) il fatto che la casta suprema sia al tempo stesso quella sacerdotale; e di
conseguenza prediliga, per una sua globale definizione, un predicato che ricordi la sua
funzione sacerdotale. Ed ecco apparire per la prima volta i termini «puro» e «impuro» come
segni di distinzione sociale: e anche in questo caso più tardi si sviluppano un «buono» e un
«cattivo», termini che, però, non hanno più connotazioni sociali. D’altra parte bisogna
guardarsi dal dare a questi concetti di «puro» e «impuro», sin dagli inizi, troppa gravità,
ampiezza e troppi significati simbolici: tutti i concetti della più antica umanità sono stati
invece compresi, agli inizi, con una rozzezza, una goffaggine, una limitatezza tutte e
specialmente non simboliche, difficilmente immaginabili. Il «puro» è, originariamente, solo un
essere umano che si lava, che evita certi cibi in grado di provocare malattie cutanee, che non
frequenta le donne sudice del basso popolo, che ha orrore del sangue – e niente, o per lo meno
non molto di più! D’altra parte tutto il modo di essere di un’aristocrazia essenzialmente
sacerdotale chiarisce perché qui tanto precocemente i contrasti di valutazione si poterono
pericolosamente interiorizzare e acutizzare; e infatti proprio questi contrasti finirono per
scavare tra uomo e uomo abissi tali che nemmeno un Achille del libero pensiero sarebbe
capace di superare senza rabbrividire. C’è qualcosa di malsano in queste aristocrazie
sacerdotali e nelle abitudini che le dominano, aliene dall’azione, parte sentimentalmente
esplosive e parte, invece, malinconicamente assopite, qualcosa la cui conseguenza pare essere
quella nevrastenia e quella cagionevolezza intestinale che sembra inevitabilmente endemica
tra i sacerdoti di ogni tempo; e del rimedio che essi stessi hanno trovato contro questo loro
stato malaticcio, come non si può non dire che ha finito per essere, nei suoi effetti secondari,
cento volte più pericoloso della malattia che avrebbe dovuto debellare? La stessa umanità
soffre ancora per gli effetti di queste sacerdotali ingenuità terapeutiche! Basta pensare, per
esempio, a certe prescrizioni dietetiche (evitare la carne), al digiuno, alla continenza sessuale,
alla fuga «nel deserto» (isolamento alla Weir Mitchell, certo senza la successiva cura
ricostituente e supernutrizione, che è l’antidoto più efficace contro ogni isteria da ideale
ascetico); e ancora a tutta la metafisica dei preti, ostile ai sensi e fatta per l’accidia e la
raffinatezza, alla loro autoipnosi alla maniera di fachiri e bramini – Brahman utilizzato come
pendolo di vero e idea fissa – e la conseguente e anche troppo comprensibile, generale
sazietà, con la sua cura radicale, il nulla (ovverossia Dio – l’aspirazione a una unio mystica
con Dio e l’aspirazione dei buddhisti al nulla, Nirvāna, e nient’altro!). I sacerdoti rendono
infatti tutto molto più pericoloso, non solo mezzi terapeutici e arti medianiche, ma anche
orgoglio, vendetta, sagacia, dissolutezza, amore, sete di potere, virtù, malattia – non del tutto a
torto si potrebbe, in realtà, anche aggiungere che solo nell’ambito di questa forma
dell’esistenza umana, essenzialmente pericolosa, e cioè quella sacerdotale, l’uomo è diventato
un animale interessante, che solo qui l’anima umana ha conquistato profondità in senso più
alto e si è fatta cattiva – e proprio queste sono le due forme fondamentali della superiorità che
l’uomo ha avuto sino ad oggi sugli altri animali!…
7.
Si sarà già intuito che i criteri di valutazione dei sacerdoti possono facilmente separarsi da
quelli cavalleresco-aristocratici, fino a diventare il loro opposto; e questo processo sarà
particolarmente favorito ogni qual volta casta sacerdotale e casta guerriera, gelose l’una