Page 29 - Nietzsche - Genealogia della morale
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divertente, la bestia darwiniana e l’ultramoderno modesto esserino morale, che «non morde
più», si danno educatamente la mano, questi con una certa espressione di bonaria e fine
indolenza, mista addirittura a un grano di pessimismo e di stanchezza sul viso, come se non
valesse affatto la pena di prendere così sul serio tutte queste cose – i problemi, cioè, della
morale –. A me sembra, invece, che non esistano cose che più di queste valga la pena di
prendere sul serio, la ricompensa potrebbe essere, ad esempio, quella di ottenere forse il
permesso, un giorno, di prenderle con gaiezza. Infatti la gaiezza, o per dirla nel mio
linguaggio, la gaia scienza, è una ricompensa, una ricompensa per una serietà lunga,
coraggiosa, laboriosa e sotterranea, che, ovviamente, non è cosa da tutti. Ma il giorno in cui
diremo con tutto il cuore «avanti! anche la nostra morale ha una parte nella commedia!»,
avremo scoperto un nuovo intreccio e una nuova possibilità per il dramma dionisiaco sul
«destino dell’anima»: e possiamo scommettere che il grande, antico, eterno commediografo
della nostra esistenza saprà farne buon uso!...
8.
– Se per qualcuno questo testo sarà incomprensibile e sgradevole all’ascolto, la colpa, mi
sembra, non è da attribuire necessariamente a me. Esso risulta bastevolmente chiaro,
presupponendo, come presuppongo, che si siano precedentemente letti, non senza una certa
fatica, gli altri miei scritti, perché in realtà essi non sono di facile accesso. Per quello che
concerne il mio «Zarathustra», non considero suo conoscitore nessuno che non sia stato mai
una volta profondamente ferito o profondamente esaltato da ognuna delle sue parole; solo
allora infatti, egli potrà godere del privilegio di partecipare rispettosamente dell’elemento
alcionio da cui è nata quell’opera, della sua solare chiarezza, della sua lontananza, ampiezza e
certezza. In altri casi la forma aforistica presenta delle difficoltà: appunto perché oggi a questa
forma non viene data la dovuta importanza. Un aforisma ben coniato e ben fuso non è ancora
«decifrato» per il fatto stesso di venire letto; è piuttosto vero che da questo momento deve
avere inizio la sua interpretazione, cosa per la quale occorre un’arte dell’interpretare. Nel
terzo saggio di questo libro ho fornito un modello di quello che intendo, in un caso simile, per
«interpretazione» – questo saggio è preceduto da un aforisma, e il saggio stesso ne è il
commento. È chiaro che per esercitare così la lettura come arte, è necessaria soprattutto una
cosa che al giorno d’oggi si è disimparata più di tante altre – e perciò, per arrivare alla
«leggibilità» delle mie opere, ci vorrà ancora tempo – una cosa, cioè, per cui si deve essere
piuttosto simili a una vacca e in nessun caso a un «uomo moderno»: il ruminare.
Sils Maria, Alta Engadina, luglio 1887