Page 28 - Nietzsche - Genealogia della morale
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loro quanto solo è possibile, ma simili in una cosa: nel disprezzo della compassione.


         6.
         Questo problema del valore della compassione e della morale della compassione (– sono
      un  oppositore  del  deprecabile  rammollimento  moderno  dei  sentimenti  –)  appare  dapprima
      come  un  fenomeno  isolato,  un  punto  interrogativo  a  sé,  ma  chi  vi  si  sofferma,  e  impara,  a
      questo punto, a domandare, vedrà, come è capitato a me, spalancarglisi davanti un orizzonte
      nuovo e sconfinato, una possibilità simile a una vertigine lo scuoterà, ogni tipo di diffidenza,

      di sospetto, di terrore balzerà fuori, la fede nella morale, in ogni morale vacillerà – e alla fine
      si farà strada una nuova esigenza. Diamole voce a questa nuova esigenza: abbiamo bisogno di
      una  critica  dei  valori  morali,  di  porre  in  questione  finalmente  proprio  il  valore  di  questi
      valori,  –  e  per  fare  ciò  abbiamo  bisogno  di  una  conoscenza  delle  condizioni  e  delle
      circostanze  da  cui  sono  stati  prodotti,  in  cui  si  sono  sviluppati  e  modificati  (morale  come
      effetto,  sintomo,  maschera,  tartuferia,  malattia,  equivoco;  ma  anche  morale  come  causa,

      rimedio, stimulans, repressione, tossico), conoscenza che fino a oggi non solo non è esistita,
      ma non è stata nemmeno mai auspicata. Si è accettato il valore di questi valori come dato,
      come  qualcosa  di  effettivo,  al  di  là  di  ogni  discussione;  e  sino  ad  oggi  nessuno  ha
      minimamente  dubitato  e  esitato  nell’attribuire  al  «buono»  più  valore  che  al  «cattivo»,  più
      valore  nel  senso  di  una  promozione,  di  una  utilità,  di  una  funzione  salutare  per  l’uomo  in
      generale,  (incluso  il  futuro  dell’uomo).  Come?  e  se  il  contrario  rappresentasse  la  verità?
      Come?  Se  nel  «bene,  fosse  insito  anche  un  sintomo  di  regresso,  o  anche  un  pericolo,  una

      seduzione, un veleno, un narcoticum, grazie al quale il presente vivesse a spese del futuro?
      Forse più piacevolmente con meno pericolo, ma anche con minor stile e maggiore bassezza?...
      Così  che  proprio  la  morale  sarebbe  colpevole  del  fatto  che  non  si  sia  mai  raggiunta  una
      massima e in sé possibile potenza e grandezza del tipo uomo? Così che proprio la morale
      sarebbe il pericolo dei pericoli?...


         7.
         Per finire, dopo che questo panorama mi si era spalancato davanti, ebbi io stesso buoni
      motivi per cecare intorno a me (cosa che ancora sto facendo) compagni dotti, audaci e amanti
      del lavoro. Bisogna percorrere il paese sconfinato, lontano e così nascosto della morale –
      della morale realmente esistita e vissuta – percorrerlo con nuove domande e come con occhi
      nuovi: e ciò non significa quasi la stessa cosa che scoprire questo paese?... Se qui ho pensato,
      tra  gli  altri,  anche  al  suddetto  dottor  Rée,  l’ho  fatto  perché  non  dubitavo  affatto  che  egli

      sarebbe stato spinto dalla natura dei suoi stessi problemi a una metodologia più corretta, per
      poter arrivare a delle risposte. Mi sono forse ingannato? In ogni modo il mio desiderio era
      quello di dare a uno sguardo così acuto e imparziale un indirizzo migliore, di indirizzarlo cioè
      verso la vera storia della morale e metterlo in guardia in tempo utile da tutto l’insieme delle
      ipotesi inglesi campate in aria. È infatti palmare quale colore debba essere più importante del

      blu del cielo per un genealogista della morale e cioè il grigio, voglio dire, l’autentico, ciò che
      si può realmente verificare, cioè che è realmente esistito, in breve tutta la lunga pressoché
      indecifrabile scrittura geroglifica del passato morale dell’uomo! – Questo era ignoto al dottor
      Rée,  ma  egli  ha  letto  Darwin  –  e  così  nelle  sue  ipotesi  in  maniera  che  per  lo  meno  è
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