Page 33 - Nietzsche - Genealogia della morale
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con termini derivati dalla loro superiorità in fatto di potere (come «i potenti», «i signori», «i
dominatori») o dai segni più appariscenti di questa superiorità, come «i ricchi» ad esempio, o
«i possidenti» (questo è il significato di arya; e analogamente nello iranico e nello slavo).
Oppure anche da un tratto di carattere tipico: e questo è il caso che ci interessa. Essi si
definiscono, per esempio, «coloro che sono veritieri»; primi tra tutti gli aristocratici greci, il
cui portavoce fu il poeta Teognide di Megara. Il termine relativo, ἐσθλός, significa, secondo la
radice, qualcuno che è, che ha realtà, che è reale, che è vero; poi, con un passaggio soggettivo,
il vero passò a significare chi è veritiero: in questa fase della sua metamorfosi concettuale il
termine diventa la parola d’ordine e la parola chiave dell’aristocrazia e passa completamente
nel significato di «nobile», come diversificazione dell’uomo comune, «mentitore»), come
Teognide lo assume e descrive – sino a quando il termine, con il declino dell’aristocrazia,
resta solo quale definizione della nobiltà d’animo e si fa quasi matura e dolce. Nella parola
κακός come in δειλός (il plebeo in contrasto con l’ἀγαθός) si sottolinea la viltà, e questo può
forse suggerire in quale direzione cercare l’origine etimologica di un termine dalle molteplici
interpretazioni come ἀγαθός. Nel malus dei latini (cui affianco il greco μέλας) poteva essere
rappresentato l’uomo comune, individuo scuro di colore, soprattutto nero di capelli («hic
niger ist» – ), l’aborigeno preariano abitatore del territorio italico che si distingueva nella
maniera più evidente possibile per il suo colorito dalla razza bionda ormai al potere, e cioè
dalla razza dei conquistatori ariani; il gaelico, mi ha offerto per lo meno un caso simile – fin
(per esempio nel nome Fin-Gal), termine che definiva l’aristocrazia e alla fine il buono,
nobile, puro, originariamente la testa bionda in contrasto con gli indigeni scuri e dai capelli
neri. detto per inciso, i Celti erano fuor di dubbio una razza bionda: non è esatto collegare
quelle fasce di popolazione assolutamente nere di capelli, che si notano nelle più precise carte
etnografiche della Germania, a una qualche origine celtica o a qualche incrocio, come fa
ancora Virchow: è piuttosto la popolazione pre-ariana della Germania a essere stata
predominante in quelle regioni. (Lo stesso si può dire per quasi tutta l’Europa, in sostanza la
razza vinta ha finito per riprendere il sopravvento, col colore, la brachicefalia, forse anche
con i suoi istinti intellettuali e sociali; che ci garantisce che la democrazia moderna, l’ancor
più moderno anarchismo e cioè quella tendenza alla «commune», alla forma più primitiva di
società, comune, oggi, a tutti i socialisti europei, non indichi, in sostanza, un enorme regresso,
e che la razza dei signori e conquistatori, quella degli ariani, non stia, anche fisiologicamente,
per essere sopraffatta?…). Credo di poter interpretare il latino «bonus» come guerriero,
presupponendo di ricondurre, a buon diritto, bonus a un più antico duonus (confronta bellum =
duellum = duen - eum in cui mi sembra mantenuto quel duonus). Così bonus come uomo della
discordia, della separazione (duo), come uomo della guerra: si vede quello che, nell’antica
Roma, costituiva la «bontà» di un uomo. Anche il nostro tedesco «Gut» non doveva significare
il divino, l’uomo di «discendenza divina»? E essere identificato col nome del popolo (agli
inizi, dei nobili) dei Goti? I motivi di una tale supposizione non trovano posto in questo
scritto.
6.
Prima di ogni cosa, alla regola per cui il concetto di superiorità politica si risolve sempre
in un concetto di superiorità spirituale non fa ancora eccezione (anche se occasionalmente ciò