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40 Novelle                                                              Hans Christian Andersen

            nemmeno un bocconcino.
                   «Povera creaturina!» — esclamò il topo, perchè, dopo tutto, era un buon vecchio topone:
            «Vieni nella mia stanza calda e desina con me.»
                   E poi, siccome i modi di Pollicina gli piacquero, le disse: «Se vuoi, puoi rimanere con me
            anche tutto l'inverno, ma, in pagamento, devi tenermi pulite e ordinate le stanze, e raccontarmi
            qualche novellina, perchè ho un debole per le novelle io.»
                   E Pollicina fece come aveva detto il buon vecchio topone, e passò un ottimo periodo di
            quiete in casa di lui.
                   «Presto avremo una visita,» — disse il topo «Il mio vicino ha preso l'abitudine di venirmi a
            trovare una volta la settimana. È anche meglio  provveduto di me; ha certe grandi sale ed una
            magnifica pelliccia di velluto nero... Basterebbe che tu riuscissi a farti sposare: saresti sistemata
            bene per sempre. Peccato che non ci veda!... Devi raccontargli le più belle novelle che sai.»
                   Ma a Pollicina poco importava di ciò, e non sapeva che farsi del vicino, perchè era un
            talpone. Venne in pelliccia nera, a fare la sua visita. Il topo badava a dire ch'era ricchissimo e molto
            istruito, e che la casa di lui era venti volte più grande della sua, e che aveva molta erudizione; ma
            non amava il sole nè i bei fiori, e non sapeva che dirne male, perchè non li aveva mai veduti.
                   Pollicina dovette cantare: e cantò «Maggiolino, vola, vola!» e «Quando il Priore gira pei
            prati.» E allora il talpone s'innamorò di lei, per la deliziosa sua voce: ma non disse nulla, perchè era
            un talpone riflessivo.
                   Tra la sua casa e la loro, il talpone aveva scavato da poco una lunga galleria; e Pollicina ed il
            vecchio topo ebbero licenza di passeggiarvi qualunque volta loro piacesse. Egli si credette in dovere
            di avvisarli, però, che non avessero da impaurirsi di un uccello morto che giaceva nel corridoio. Era
            un uccello intero, col becco e le ali; doveva esser morto da poco, al principiar dell'inverno, ed era
            sepolto per l'appunto dove il talpone aveva aperto il suo passaggio.
                   Il talpone prese in bocca un pezzetto di legno fradicio, che brillava come un lumicino, e
            andò innanzi a far loro strada per il lungo corridoio buio. Quando arrivarono al luogo dove giaceva
            l'uccello morto, il talpone urtò la volta con quel suo nasaccio, formando così un grande foro, che
            lasciò penetrare la luce del giorno. Nel mezzo del pavimento, giaceva una rondine morta, con le
            belle ali strette lungo il corpo, ed il capino e le zampe raccolte sotto le penne: il povero uccelletto
            era certo morto di freddo. Pollicina ne fu molto dolente: provava una grande tenerezza per tutti gli
            uccellini, che aveva sentiti cantare e cinguettar così bene durante l'estate. Ma il talpone gli diede
            una spinta, con quelle sue gambe torte, e disse: «Questo, almeno, ha finito di zufolare. Dev'essere
            una grande miseria nascere uccelli. Ringrazio Dio che a nessuno de' miei figliuoli possa toccare; un
            uccello come questo non ha altro che il suo videvit, videvit: e poi, nell'inverno, gli tocca morir di
            fame.»
                   «Ah, sì, avete ben ragione di parlare così voi, che siete savio!» — approvò il topo: «A che
            serve tutto il loro videvit, videvit, quando viene l'inverno? Bisogna che muoiano di fame e di freddo.
            Dicono, però, che questo sia di ottimo gusto e molto aristocratico.»
                   Pollicina non disse nulla; ma quando i due ebbero voltate le spalle all'uccellino morto, si
            chinò, scostò le penne di sopra al capino, e lo baciò sugli occhi chiusi.
                   «Forse era lui che sentivo cantare così bene nell'estate...» — pensò: «Quanto piacere mi
            faceva, povero bell'uccellino!»
                   Il talpone richiuse il buco da cui penetrava la luce del giorno e riaccompagnò gli ospiti a
            casa. Ma nella notte Pollicina non poteva chiuder occhio; e allora si alzò, tessè un bel tappeto di
            pagliuzze e fili d'erba secca, e andò a distenderlo sul corpo dell'uccellino: poi, perchè stesse ben
            caldo, gli sparse allato certi sottili stami di fiori, soffici come il cotone, che aveva trovati nella
            camera del topo.
                   «Addio, bell'uccellino caro!» — gli disse: «Addio, e grazie per le tue dolci canzoni di
            quest'estate, quando tutti gli alberi eran verdi, ed il sole splendeva così caldo sopra di noi!» E si
            strinse sul cuore il capino della rondinella. Ma l'uccello non era morto; era soltanto intorpidito dal
            freddo, ed ora, sentendo un po' di tepore, riprendeva i sensi.
                   Nell'autunno tutte le rondini volano verso i paesi caldi; ma se una ritarda e si lascia

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