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40 Novelle Hans Christian Andersen
sorprendere dal freddo, cade come morta, e rimane lì dov'è caduta sin che la neve gelida la ricopre.
Pollicina tremava tutta; era stata tale una sorpresa!... E poi la rondine era grande, molto
grande, a paragone di lei, ch'era alta appena mezzo pollice. Ma si fece animo: mise i soffici stami
ancora più accosto al povero uccello, andò a prendere una foglia che formava la coperta del suo
lettino, e gliela pose sul capo.
La notte dopo, tornò pian pianino nella galleria: la rondine oramai era viva, ma tanto
debole... Potè appena aprir gli occhi per un momento e guardare Pollicina, la quale le stava dinanzi
con un pezzetto di legno imporrito in mano, perchè lanterne non ne aveva.
«Grazie, mia bella bambina!» — mormorò la rondinella malata: «Mi hai riscaldato
magnificamente. Tra poco riprenderò le mie forze, e sarò di nuovo capace di volare al sole caldo.»
«Oh!» — diss'ella: «è così freddo fuori!... Nevica e gela da per tutto. Sta' nel tuo lettino
caldo, ed io ti farò da infermiera.»
Poi portò alla rondine un po' d'acqua nel petalo di un fiore; e la rondine bevette, e le
raccontò come si fosse ferita un'ala in un pruneto, e non avesse quindi potuto volare rapida come le
compagne, le quali erano andate lontano lontano, via di lì, via di lì, nei paesi caldi. E così aveva
finito per cadere a terra: ma poi non ricordava più altro, e non sapeva come fosse capitata nella
buca, dove Pollicina l'aveva trovata.
Tutto l'inverno la rondine rimase lì, e Pollicina la curò del suo meglio, prestandole la più
tenera assistenza. Nè il topo nè il talpone ne seppero nulla, e fu bene, perchè non potevano soffrire
le rondini.
Appena venne la primavera, ed il sole riscaldò la terra, la rondine disse addio a Pollicina, e
questa riaperse il buco che il talpone aveva fatto nella volta. Il sole irruppe allora trionfalmente nel
sotterraneo e la rondine domandò a Pollicina se non le sarebbe piaciuto di partire con lei: poteva
sederlesi sul dorso, e sarebbero volate insieme nella verde foresta. Ma Pollicina sapeva che il
vecchio topo avrebbe provato molto dolore per la sua partenza.
«No; non posso!» — disse alla rondine.
«Addio, addio, allora, mia bella bambina buona!» — disse la rondine, e volò via, al sole.
Pollicina la seguì con lo sguardo sin che gli occhi le si empirono di lacrime, perchè era cordialmente
affezionata al povero uccellino.
«Videvit! videvit!» — fece la rondinella, e volò nell'immensa foresta.
Pollicina divenne molto triste: non le era permesso di uscire nel tepore del sole. Il grano
ch'era seminato sopra la casa del topo cresceva alto alto nell'aria; e formava un bosco addirittura
impenetrabile per la ragazzina, che misurava appena mezzo pollice.
«Durante l'estate, bisognerà pensare al corredo, Pollicina!» disse il topo di campo: il vicino,
infatti, quel noioso di un talpone con la pelliccia di velluto, era venuto a domandarla in isposa. —
«È una grande fortuna questa per una povera figliuola come te. Ora, bisogna che tu ti dia le mani
attorno, per prepararti un po' di biancheria e un po' di vestiario: la biancheria da letto e quella da
tavola, te la darò io, e quando sarai la moglie del talpone, non mancherai di nulla.»
Pollicina dovette mettersi al filatoio, e il topo stipendiò quattro ragni, perchè avessero a
tessere per lei giorno e notte. Ogni sera il talpone veniva a farle la sua visita, e sempre badava a dire
che, finita l'estate, quando il sole non bruciasse più a quel modo, — chè ora aveva ridotto la terra
dura come la pietra, — finita l'estate, avrebbero fatto le nozze. Ma Pollicina non era punto contenta,
perchè quel noioso talpone non le piaceva.
Ogni mattina allo spuntar del sole, ogni sera al tramonto, si affacciava un pochino all'uscio;
e, quando il vento, soffiando tra il grano, scostava un po' le foglie e le pannocchie, così da
permetterle di vedere un lembo di cielo, pensava com'era bello e luminoso lassù, e si struggeva di
rivedere la sua cara rondinella: certo, oramai, essa era volata via per sempre, via di lì, via di lì, nella
verde foresta.
Intanto venne l'autunno, ed il corredo di Pollicina era tutto pronto.
«Tra quattro settimane si celebreranno le nozze,» — disse il topo di campo a Pollicina.
Ma Pollicina si mise a piangere, e dichiarò che non voleva saperne di quel noioso talpone.
«Non dire sciocchezze, fammi il piacere!» — esclamò il topo: «E sopra tutto non farmi
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