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40 Novelle                                                              Hans Christian Andersen




                                                     POLLICINA


                   C'era una volta una donna che si struggeva di avere una bambina, magari piccina così; ma
            non sapeva come fare a trovarsela. Andò dunque da una vecchia strega, e le disse:
                   «Desidererei tanto di avere una bambina piccina: sapete dirmi dove potrei trovarne una?»
                   «Oh, è presto fatto!» — disse la strega: «Ecco qui un chicco d'orzo: non è della specie solita,
            che cresce nei poderi dei contadini e si dà a mangiare ai pulcini. Piantatelo in un vaso da fiori, e
            vedrete.»
                   «Grazie!» — disse la donna; e diede alla strega dodici soldi — prezzo fisso. Andò a casa,
            piantò il grano d'orzo: e lì per lì spuntò un bel fiore, che somigliava al tulipano, con i petali però
            chiusi strettamente, come se fosse ancora in boccio.
                   «Che bel fiore!» — disse la donna: e baciò i petali rossi e gialli. Per l'appunto mentre lo
            baciava, il fiore fece Ppa! e si aperse. Era un vero tulipano, ora si conosceva benissimo; ma nel
            mezzo del fiore, seduta sui verdi stami vellutati, c'era una bambina, delicata e graziosina, ch'era un
            piacere vederla. Era alta forse appena mezzo pollice, e per ciò le misero nome Pollicina.
                   Un bel guscio di noce ben lucidato le serviva di culla: le materasse erano petali di viole del
            pensiero, morbidi come il velluto, una foglia di rosa formava la coperta. Là dentro dormiva la notte;
            ma il giorno giocava sopra la tavola, dove la donna aveva posto un piatto, con una ghirlandetta di
            fiori tutt'all'ingiro dell'orlo; lo stelo dei fiori era immerso nell'acqua, e sull'acqua galleggiava un
            grande petalo di tulipano. In questo, la fanciullina poteva starsene seduta, e vogare da un lato
            all'altro del piatto, servendosi di due setole bianche, a guisa di remi. Faceva proprio un bellissimo
            vedere! Pollicina poi sapeva anche cantare; e così aggraziato, così dolce era il suo canto, che mai
            s'era sentito l'uguale.
                   Una notte se ne stava nel suo bel lettino, quando capitò un vecchio rospo, che s'era ficcato
            dentro per un vetro rotto della finestra. Il rospo era molto brutto, grosso e viscido: saltò addirittura
            sulla tavola, dove Pollicina dormiva sotto la sua foglia di rosa.
                   «Ecco una bella sposina per il mio figliuolo!» — disse il rospo; prese il guscio di noce, dove
            Pollicina giaceva addormentata, e via d'un salto in giardino.
                   Là c'era un largo fossato d'acqua corrente; ma il margine era fangoso e molle e quivi abitava
            il rospo col suo figliuolo. Uh, com'era brutto, anche lui! Tutto il ritratto di suo padre! «Coak! coak!
            Brek-kek-kex!» — ecco tutto quello che seppe dire quando vide la bella ragazzina dentro al guscio
            di noce.
                   «Non parlare così forte, chè la svegli!» — disse il vecchio rospo: «Potrebbe scapparci: è
            leggera come una piuma di cigno!... La metteremo nel fossato, sopra una di quelle grandi foglie di
            ninfea. Piccola e leggera com'è, si troverà quasi in un'isola; e così non potrà fuggire, mentre noi
            prepareremo le sale di cerimonia nel pantano, dove avete da metter su casa.»
                   Nel fosso, crescevano infatti molte ninfee, con grandi foglie verdi, che pareva navigassero
            sull'acqua. La foglia più lontana dalla riva era la più grande, ed a quella si diresse, nuotando, il
            vecchio rospo, e vi depose Pollicina col suo guscio di noce.
                   La piccolina si svegliò di buon mattino, e quando vide dov'era, si mise a piangere
            amaramente, perchè l'acqua circondava da tutte le parti la grande foglia verde, e non c'era modo di
            tornare a terra.
                   Il vecchio rospo era nel pantano, affaccendato a addobbare le stanze con giunchi e ninfee
            gialle: voleva farle proprio belle per la giovine nuora. Poi si avviò, col suo brutto figliuolo, alla
            foglia dove stava Pollicina. Volevano prendere il suo bel lettino, e portarlo nella camera nuziale,
            prima di menarci la sposa. Il vecchio rospo fece un profondo inchino nell'acqua, e le disse:
                   «Ecco mio figlio: egli sarà tuo sposo, e vivrete magnificamente nel pantano.»
                   «Coak! Coak! Brek-kek-kex!» — fu tutto quanto il figliuolo trovò di meglio.
                   Poi presero il bel lettino, e via a nuoto con esso; e Pollicina rimase lì tutta in lacrime sulla
            sua foglia verde, perchè non le piaceva punto di andar a vivere con quello schifoso vecchio rospo e

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