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40 Novelle                                                              Hans Christian Andersen

                   «Che dice?»
                   «Dice che tu puoi aprire, se ti garba, quella cassapanca, che è là nell'angolo; e ci vedrai
            rannicchiato dentro il diavolo: ma bada di tener ben forte il coperchio, che non t'avesse a guizzar
            via!»
                   «Vuoi tu aiutarmi a tenere il coperchio?» — domandò il contadino. E andò alla cassapanca,
            dove la moglie aveva nascosto il vero sagrestano, che stava lì pieno di spavento. Il contadino
            sollevò un poco il coperchio, e diede un'occhiata dentro.
                   «Uh!» — gridò, e balzò indietro: «L'ho visto! Proprio tale e quale il nostro sagrestano! Ah!
            che orrore!»
                   Naturalmente, bisognò berci sopra; e stettero lì a bere sino a notte inoltrata.
                   «Tu hai a vendermi codesto mago,» — disse il contadino: «Domanda quanto vuoi: te ne do
            sul momento uno staio di quattrini.»
                   «No, non posso;» — disse Cecchino: «pensa un po' a quanti usi mi serve il mio mago!»
                   «Oh, mi piacerebbe tanto di averlo!» — esclamò il contadino; e tanto lo pregò e lo ripregò,
            che alla fine Cecchino disse:
                   «Ebbene, sia. Sei stato così cortese con me, ospitandomi per la notte, che voglio contentarti.
            Avrai il mago per uno staio di quattrini; bada però che lo staio ha da essere colmo.»
                   «E colmo l'avrai,» — rispose il contadino: «Ma devi portarti via anche la cassapanca. Non
            me la voglio in casa nemmeno un'ora di più. Non si può mai sapere: potrebbe magari esserci ancora
            dentro!»
                   Cecchino diede al contadino il sacco con la pelle secca, e n'ebbe in cambio uno staio di
            quattrini, e colmo per giunta. E il contadino gli diede pure una grande carriuola per portarsi via i
            quattrini e la cassapanca.
                   «Statevi bene!» — disse Cecchino; e se ne andò coi quattrini e con la grande cassapanca,
            dov'era sempre rinchiuso il sagrestano.
                   Di là dalla foresta, c'era un fiume profondo. L'acqua scendeva così impetuosa, che sarebbe
            stato ben difficile risalirne a nuoto la corrente. Sul fiume era costruito un bel ponte nuovo. Nel
            mezzo del ponte Cecchino si fermò, e disse forte perchè il sagrestano sentisse:
                   «Che me ne faccio di questa stupida cassapanca? Pesa come se fosse piena di sassi. Perchè
            dovrei fare tanta fatica a strascinarla? La butterò nel fiume. Se galleggia sino a casa mia, bene; e se
            va di sotto, poco si perde.»
                   E afferrò la cassapanca da un lato, e fece mostra di sollevarla per gettarla nel fiume.
                   «No! aiuto!» — gridò il sagrestano dal di dentro: «Prima, lasciami uscire!»
                   «Uh!» — esclamò Cecchino, facendo vista d'impaurirsi: «È ancora dentro! Bisogna far
            presto a buttarlo nel fiume perchè anneghi.»
                   «Oh, no, no!» — urlò il sagrestano: «Ti darò uno staio intero di quattrini se mi lasci andare.»
                   «Allora è un altro paio di maniche!» — disse Cecchino; e aperse la cassapanca.
                   Il sagrestano saltò fuori in fretta e furia, spinse la cassapanca nel fiume, e andò a casa sua,
            dove Cecchino ricevette uno staio intero di quattrini. Un altro ne aveva ricevuto dal contadino;
            sicchè ora aveva la carriuola carica di quattrini.
                   «Ecco che sono ben compensato del mio cavallo!» — disse a se stesso quando fu a casa; e
            scaricò il danaro, facendone un bel mucchio per  terra, nel mezzo della  sua camera. — «Come
            arrabbierà Ceccone, quando saprà quanto ricco son divenuto con un cavallo solo! Ma voglio trovare
            il modo di farglielo sapere.»
                   Mandò dunque un ragazzo da Ceccone a domandargli a prestito lo staio.
                   «Che vuol egli farne?» — si domandò Ceccone incuriosito. E spalmò il fondo dello staio
            con un po' di pania, per modo che un tantino di quel che vi si misurava  vi avesse a rimanere
            appiccicato. E così fu; poichè quando riebbe il suo staio, ci trovò nel fondo due o tre monete da
            cinque lire.
                   «Che faccenda è questa?» — gridò Ceccone; e via difilato da Cecchino: «Di dove t'è venuto
            tanto danaro ?»
                   «Oh, è quel che ho ricavato dalla pelle del mio cavallo. L'ho venduta ieri a sera.»

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