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40 Novelle                                                              Hans Christian Andersen

            tavola apparecchiata con la sua brava tovaglia, e sopra vitello arrosto, vino, ed un magnifico pesce.
            La moglie del contadino ed il sagrestano stavano seduti a tavola; e non c'era altri. Essa gli riempiva
            il bicchiere ed egli piantava il forchettone nel dorso del pesce, ch'era il suo piatto favorito.
                   «Se potessi arrivarne un bocconcino!» — pensava Cecchino, allungando il collo verso la
            finestra. Dio del cielo! Che magnifica torta vedeva di lassù! Ah, quella era certo una cenetta per
            qualche festa.
                   In quella, sentì venire qualcuno a briglia sciolta per la strada maestra. Era il marito della
            donna, che tornava a casa. Costui era un buon uomo abbastanza, ma aveva una curiosa manìa: non
            poteva tollerare la vista di un sagrestano. Se gli avveniva d'incontrarne uno, dava nelle furie. Per
            questo il sagrestano era andato a fare una visitina alla donna, sapendo che il marito era assente; e
            per questo la buona donna gli aveva messo davanti quel che aveva di meglio. Ma quando lo udirono
            tornare, si spaventarono, e la donna pregò il sagrestano di cacciarsi dentro ad una cassapanca vuota,
            che per l'appunto si trovava lì; ed egli fece così, perchè sapeva che il marito non poteva tollerare la
            vista dei sagrestani. La donna nascose in fretta tutto nel forno, — vino, arrosto e ogni cosa, —
            perchè il contadino, vedendo quello scialo, non avesse a domandare che cosa significasse.
                   «Ah, sì?» — sospirò Cecchino dal suo fienile, quando vide riporre tutta quella grazia di Dio.
                   «C'è gente lassù?» — domandò il contadino; alzò il capo, e scorse Cecchino. «O tu, che fai
            costassù disteso? Tant'è che tu entri con me in casa.»
                   E Cecchino gli raccontò come avesse smarrita la via, e chiese asilo per la notte.
                   «Ma sì, quanto vuoi!» — disse il contadino: «Prima però bisognerà mangiare un boccone.»
                   La donna fece buon viso a tutti e due; stese la tovaglia su di una lunga tavola, e portò un
            grande piatto di farinata. Il contadino era affamato e mangiava di buona voglia; ma Cecchino non
            poteva staccar la mente dal magnifico arrosto, dal pesce e dalla torta, che sapeva nascosti nel forno.
            Sotto la tavola, a' suoi piedi, aveva posto il sacco con la pelle del cavallo; — perchè vi ricordate che
            la portava a vendere in città. Siccome la farinata non gli piaceva, battè co' piedi il sacco, e la pelle
            secca ch'era dentro scricchiolò forte.
                   «O che ci hai tu dentro a codesto sacco?» — domandò il contadino.
                   «Ci ho un mago,» — rispose Cecchino. «Dice che non dobbiamo mangiare farinata; che ha
            fatto un incanto al forno, e che ci troveremo vitello arrosto, pesce e torta.»
                   «Stupenda questa!» — gridò il contadino; aperse subito lo sportello del forno, e trovò tutta
            la buona roba che sua moglie ci aveva nascosta, e ch'egli credeva chiamata lì dal mago. La donna
            non osò dir nulla, e mise senz'altro le vivande sulla tavola: e così i due mangiarono l'arrosto, il
            pesce e la torta. Poi Cecchino calpestò ancora il sacco, e fece scricchiolare la pelle.
                   «Che dice ora di bello?» — domandò il contadino.
                   «Dice,» — rispose Cecchino, «che ha fatto venire per noi anche tre bottiglie di vino vecchio,
            e che sono lì, nell'angolo, dietro il forno.»
                   La donna fu costretta allora a cavar fuori anche il vino che aveva nascosto; ed il contadino
            bevette e divenne allegrissimo. Avrebbe avuto una voglia matta di possedere anche lui un mago
            come quello che Cecchino aveva nel sacco.
                   «Può egli chiamar qui anche il diavolo?» — domandò il contadino: «Mi piacerebbe vederlo,
            ora che sono di buon umore!»
                   «Altro!» — disse Cecchino: «Il mio mago può fare tutto quello che gli domando. Non è
            vero?» — soggiunse; calpestò la pelle, e quella scricchiolò. — «Ha detto di sì. Ma il diavolo è
            molto brutto: sarebbe meglio non vederlo.»
                   «Oh, non ho paura. Di' un po': a chi somiglia?»
                   «A chi somiglia? Tale e quale identico a un sagrestano!»
                   «Oh, allora,» — fece il contadino: «per brutto, è brutto davvero. Hai da sapere che la vista
            d'un sagrestano mi manda fuor dei gangheri. Ma  non fa nulla; poi che so  che è il diavolo, lo
            sopporterò più facilmente. Son pieno di coraggio ora; ma non bisogna però che mi venga troppo
            vicino!»
                   «Ne domanderò il mio mago,» — disse Cecchino; battè il sacco col piede e poi vi accostò
            l'orecchio.

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