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40 Novelle Hans Christian Andersen
di avere per marito il suo brutto figliuolo. I pesciolini, che nuotavano sott'acqua, avevano sentito le
parole del rospo; e per ciò levarono il capo dall'acqua, curiosi di vedere la ragazzina. Quando la
videro così bella, furono tutti dispiacenti che avesse da andar a stare con quei brutti rospacci. No,
no; non era vita per lei! Si riunirono tutti intorno al gambo della foglia sulla quale stava la
ragazzina, e coi loro dentini lo spezzarono, per modo che la foglia fu portata via dalla corrente, e
così Pollicina se ne andò sull'acqua lontano lontano, dove i rospi non la potevano più pigliare.
Pollicina viaggiò a traverso villaggi e città, e gli uccellini dei cespugli, quando la vedevano
passare, dicevano: «Che bella ragazzina!» La foglia navigava sempre avanti e avanti, sinchè
Pollicina uscì dai confini del Regno.
Un bel farfallone bianco svolazzava sempre intorno alla foglia e alla fine vi si posò.
Pollicina gli piaceva, ed essa era molto contenta: oramai i rospi non potevano più pigliarla, ed eran
così belli i paesi per cui passava!... Il sole brillava sull'acqua, e l'acqua scintillava come il più
splendido oro. Pollicina si tolse la cintura, ne legò un capo intorno al corpo del farfallone ed
assicurò l'altro capo del nastro alla foglia.
Passò per l'aria un maggiolino: la vide e subito le abbrancò con le zampine la vita sottile e
volò via con essa, su di un albero. La foglia verde continuò a navigare portata dall'acqua, e con essa
andò il farfallone, perchè vi era legato e non poteva liberarsi.
Misericordia! che paura ebbe la povera Pollicina, quando si sentì portata a volo sull'albero!
Ma specialmente le rincresceva per il bel farfallone bianco ch'essa aveva legato alla foglia; perchè
se non gli riusciva di liberarsi, gli sarebbe toccato morir di fame. Il maggiolino in vece non si
prendeva pensiero di tutto ciò. S'era seduto con lei sulla foglia più grande dell'albero; le aveva fatto
mangiare la parte più dolce dei fiori, e le aveva dichiarato ch'era molto carina, sebbene non
somigliasse per nulla ad un maggiolino. Poi ricevettero la visita di tutti i maggiolini pigionali dello
stesso albero: essi guardavano Pollicina, e dicevano:
«Peccato! due gambe sole... Che miseria!»
«E nemmeno ha le antenne!»
«Che vita sottile! Somiglia ad una creatura umana. Dio, com'è brutta!» — dicevano tutte le
signore.
E pure Pollicina era tanto bella. Anche il maggiolino che l'aveva rapita, l'aveva compreso;
ma quando tutti gli altri dissero ch'era brutta, dovette anch'egli persuadersene alla fine, e non volle
più saperne: andasse pure dove più le piaceva. E allora la portarono giù dall'albero a volo, e la
deposero su di una margheritina; ed essa rimase lì a piangere, perchè era tanto brutta, che nemmeno
i maggiolini volevano saperne di lei. In vece non era vero: era la più bella creaturina che si potesse
immaginare, fragile e delicata come una foglia di rosa.
Per tutta l'estate, la povera Pollicina visse sola soletta nell'immensa foresta. S'intrecciò un
lettino di fili d'erba, e lo appese sotto un trifoglio, per essere al riparo dalla pioggia. Si cibava del
miele che sta dentro ai fiori e beveva la rugiada che trovava ogni mattina fresca nel cavo delle
foglie. L'estate e l'autunno passarono così, alla meglio; ma ora veniva l'inverno, il lungo crudo
inverno. Tutti gli uccellini, che avevano cantato così dolcemente intorno a lei, se ne volavano via;
alberi e fiori perdevano le foglie; intirizzito, il grande trifoglio, sotto il quale aveva vissuto,
rabbrividiva tutto, ed era ridotto oramai un povero gambo vizzo e giallo: ed essa pure aveva tanto
freddo, con le vesti così a brandelli, fragile e delicata com'era... Povera Pollicina, si sentiva gelare.
Cominciò a nevicare, ed ogni fiocco di neve che le cadeva sopra era per essa come tutta una palata
sopra uno di noi, perchè noi siamo grandi ed essa era alta forse appena due dita. Si ravvolse in una
foglia secca, ma quella si spaccò per metà, e non valse a riscaldarla — ed essa tremava di freddo...
Vicino al bosco nel quale abitava, c'era un campo di grano; il grano, però, non c'era più da
un pezzo; soltanto le stoppie secche spuntavano dal terreno gelato. E queste, per essa,
rappresentavano come una grande foresta, dove si aggirava tutta tremante di freddo... Una volta
arrivò all'uscio del topo di campo. Questo topo s'era fatto un piccolo buco sotto ai fusti del grano, e
là viveva al caldo, con tutti i suoi comodi, ed aveva una stanza intera piena di grano, una magnifica
cucina ed una dispensa. La povera Pollicina stava alla porta, proprio come una piccola mendicante,
e domandò in carità un mezzo chicco d'orzo, perchè erano due giorni che non aveva assaggiato
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