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40 Novelle Hans Christian Andersen
L'USIGNUOLO
Avete da sapere che nella Cina l'Imperatore è cinese, e che son cinesi tutti quelli che gli
stanno d'attorno. Ciò che vi racconterò è avvenuto molti anni or sono: ma appunto per questo la
storia merita d'esser sentita, prima che se ne perda del tutto la memoria.
Il palazzo dell'Imperatore era il più splendido palazzo del mondo; era fatto tutto di
porcellana preziosissima, ma così delicata, così fragile, che bisognava badar bene a quel che si
faceva, anche soltanto nell'accostarvisi. Il giardino era pieno di magnifici fiori, ed ai più preziosi il
giardiniere aveva attaccato certi campanellini d'argento, per modo che nessuno potesse passare
senza osservarli. Sì, nel giardino dell'Imperatore tutto era mirabilmente combinato; ed era un
giardino immenso: nemmeno il giardiniere sapeva dove terminasse. Cammina, cammina, cammina,
si arrivava ad una superba foresta, con alberi alti, e limpidi laghi; e la foresta si stendeva avanti
avanti sino al mare, azzurro e profondo, sì che i bastimenti, costeggiando, potevano passare sotto ai
rami dei grandi alberi, che sporgevano sull'acqua. Tra quegli alberi, viveva un usignuolo, il quale
cantava così meravigliosamente, che persino il povero pescatore, con tante altre cose che aveva per
il capo, quando usciva la notte a gettare le reti, non poteva fare a meno di fermarsi, immobile, ad
ascoltarlo.
«Che bellezza!» — esclamava; ma poi gli toccava badare ai fatti suoi, e l'uccellino gli usciva
di mente. E pure, quando, la notte dopo, l'usignuolo tornava a cantare, il pescatore si fermava di
nuovo ad ascoltare, e di nuovo ripeteva: «Che bellezza!»
Da tutti i paesi del mondo capitavano forestieri a visitare la città dell'Imperatore, e la
ammiravano, e ammiravano il palazzo ed il giardino; ma, quando udivano l'usignuolo, dicevano:
«Ah, come questo non c'è niente al mondo!»
Ed i viaggiatori ne parlavano quando tornavano alle loro case; e i più dotti scrissero anche
molti libri, sulla città, sul palazzo e sul giardino. Nè l'usignuolo fu dimenticato; ebbe anzi il primo
posto fra tante meraviglie; e quelli che sapevano scrivere in poesia, scrissero odi bellissime
sull'usignuolo della foresta, in riva al lago profondo.
I libri andarono per il mondo, e due o tre giunsero sino all'Imperatore. Seduto sulla sua
poltrona d'oro, l'Imperatore leggeva e leggeva; ed ogni tanto assentiva col capo, per il
compiacimento di trovare le magistrali descrizioni della città, del palazzo e del giardino. «Ma
l'usignuolo è il più bello di tutto.» — Stava scritto proprio così.
«Che affare è questo?» — esclamò l'Imperatore: «Io non ho mai veduto usignuoli! Io non so
che ci sia un tale uccello nel mio Impero, e tanto meno nel mio giardino. Non ne ho mai neppur
sentito parlare. Pensare che debba apprenderlo per la prima volta dai libri!»
E chiamò il suo Cavaliere d'Onore. Questo Cavaliere era così compito, che quando alcuno,
inferiore a lui di grado, osava rivolgergli la parola o fargli qualche domanda, non rispondeva altro
che: «P!» — ch'è come dire niente del tutto.
«È scritto qui che c'è un uccello meraviglioso, chiamato usignuolo;» — disse l'Imperatore:
«e niente di meno che pare sia la miglior cosa di tutto il mio Impero. Domando e dico perchè non ne
ho mai sentito parlare!»
«Non ho mai sentito questo nome;» — rispose il Cavaliere: «certo non fu mai presentato a
Corte.»
«Comando che abbia a venirvi questa sera e che canti alla mia presenza!» — disse
l'Imperatore: «Che tutto il mondo abbia da sapere quel che posseggo, e che non abbia da saperlo
io!...»
«Non l'ho mai sentito nominare,» — disse il Cavaliere, «ma lo cercherò. Lo cercherò e lo
troverò.»
Trovarlo, sì; ma dove? Il Cavaliere corse su e giù per tutti gli scaloni, per tutte le sale e gli
anditi e i corridoi; ma nessuno tra quanti incontrava aveva mai udito parlare dell'usignuolo. Ed il
Cavaliere tornò di corsa dall'Imperatore, e gli disse che doveva essere una favola, inventata dagli
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