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40 Novelle Hans Christian Andersen
ahimè! Erano tutte secche e gialle; ed egli si vide buttato là, in un angolo, tra le ortiche e le male
erbacce. Sulla vetta aveva ancora la stella di similoro, che scintillava al sole.
Nel cortile giocavano due di quegli allegri fanciulli che avevano ballato intorno all'albero la
sera di Natale, e lo avevano tanto ammirato. Il più piccino corse a strappargli la stellina dorata.
«Guarda che cosa c'è attaccato a quel brutto alberaccio!» — disse il bambino; e calpestò le
rame, che scricchiolarono sotto alle sue scarpette.
L'albero guardò a tutti i fiori lussureggianti, a tutti gli splendori del giardino, e poi guardò a
se stesso, e gli dolse di non essere rimasto nell'angolo buio del solaio: ripensò alla sua fresca
giovinezza nel bosco; alla lieta notte di Natale; ai topolini, che avevano ascoltato con tanto piacere
la novella di Zucchettino.
«È finita! è finita!» — disse il vecchio albero: «Almeno avessi goduto quando potevo! È
finita, finita, finita!»
Venne un domestico, segò l'albero in pezzi, e ne fece una fascina. La fascina mandò una
bella fiamma sotto la caldaia che bolliva, e sospirò profondamente; ed ogni sospiro era come un
lieve scoppiettìo. I bambini, che giocavano lì attorno, corsero a mettersi dinanzi al fuoco; e
guardavano, e facevano: «Puff Puff!» Ma ad ognuno di quegli scoppiettii, che era un profondo
sospiro, l'albero pensava ad una bella giornata d'estate nel bosco, o ad una notte d'inverno, quando
le stelle scintillavano sopra gli abeti; pensava alla sera di Natale ed alla novella di Zucchettino,
l'unica novella che avesse mai sentita, l'unica che avesse mai saputo raccontare... E finalmente,
l'abete fu tutto finito di bruciare.
Poco dopo i bambini giocavano nel giardino, ed il più piccolo aveva appuntata sul petto una
stella dorata, proprio quella che l'abete aveva portata nella più bella serata della sua vita. Era finita,
ora: finita la vita dell'albero, e finita anche la novella: finita, finita, finita, come accade di tutte le
novelle.
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