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40 Novelle                                                              Hans Christian Andersen

            rivestono, con che lusso, con che splendore! Abbiamo guardato dentro dalle finestre, ed abbiamo
            veduto come li piantino nel mezzo della stanza calda e li adornino delle cose più belle — mele
            dorate, noci, dolci, balocchi, e centinaia e centinaia di candeline colorate.»
                   «E poi? e poi?» domandava l'abete, e tremava persino, dalla vetta alle radici, per la grande
            ansietà: «E poi? che cosa avviene poi?»
                   «Poi? non abbiamo veduto altro. Ah, ma era una bellezza!»
                   «Chi sa ch'io non sia destinato un giorno ad una simile  gloria?» — gridò l'albero
            allegramente: «È ancora meglio che viaggiar per mare. Ah, che struggimento! Vorrei che fosse oggi
            Natale! Oramai sono grande e grosso come quelli che furono menati via l'anno passato. Ah, mi par
            mill'anni d'essere sul baroccio! Mi par mill'anni d'essere nella stanza calda, tra tutta quella pompa,
            tra quello splendore! E poi? Già, deve poi venire qualche cosa di più bello ancora: se no, perchè mi
            adornerebbero a quel modo? deve venire poi una grandezza, una gloria anche maggiore; ma quale?
            Oh, che struggimento, che struggimento! Non so nemmen io che cos'abbia per soffrire così!»
                   «Gioisci e contentati di noi!» — dicevano l'aria e il sole: «Rallegrati della tua fresca
            giovinezza nella foresta!»
                   Ma l'abete non si rallegrava punto: non faceva  che crescere e crescere, inverno e estate,
            sempre più verde, d'un bel verde cupo. La gente  diceva: «Che bell'albero!» — e, a Natale, fu
            tagliato prima di tutti gli altri. L'ascia andò profonda, sino al midollo, e l'albero cadde a terra con un
            sospiro; provava un dolore, una sensazione di sfinimento, non poteva davvero pensare a felicità: è
            così triste lasciare il posto dove si è nati e cresciuti... Sapeva che non avrebbe rivisti mai più i
            vecchi compagni, i piccoli cespugli ed i fiori ch'erano lì attorno — nemmeno gli uccelli, forse... Ah,
            il distacco fu tutt'altro che lieto!
                   L'albero non tornò in sè che quando fu scaricato in un cortile insieme con molti altri, e sentì
            dire:
                   «Questo sì, ch'è magnifico: non voglio vederne altri. Prendiamo questo.»
                   Vennero due domestici in livrea gallonata, e portarono l'albero in una grande splendida sala.
            Le pareti erano tutte coperte di quadri, e presso una enorme stufa stavano due vasi della Cina con
            due leoni dorati sul coperchio: c'erano due poltrone a dondolo, e divani di broccato, e grandi tavole
            cariche di bei libri con le figure; e balocchi che valevano cento volte cento lire — almeno, così
            dicevano i bambini. E l'abete fu posto in un grande mastello pieno di sabbia; ma nessuno avrebbe
            detto che fosse un mastello, perchè era stato ricoperto di stoffa verde, e collocato nel mezzo d'un bel
            tappeto a colori. Ah, come tremava, ora, il nostro abete! Che sarebbe accaduto? I domestici, ed
            anche le signorine di casa, incominciarono ad ornarlo. Ad un ramo appesero tante piccole reti
            intagliate nella carta colorata, ed ogni rete era piena di dolci; noci e mele dorate pendevano qua e là,
            che parevano nate sull'albero; e più di cento candeline, bianche, rosse e verdi, erano attaccate ai
            rami. Bambole, che sembravan vive — l'abete non ne aveva mai vedute, di simili, prima d'allora, —
            si dondolavano tra mezzo al fogliame; e su in alto, sulla vetta dell'albero, era inchiodata una stella di
            similoro. Insomma, una bellezza, come non se ne vedono.
                   «Questa sera,» — dicevan tutti: «Questa sera ha da esser bello, tutto illuminato!»
                   «Ah!» — pensava l'albero: «Mi par mill'anni che venga sera, e che i lumicini sien tutti
            accesi! Quando sarà? Son curioso di sapere se gli alberi verranno dal bosco per vedermi! E i
            passeri? Chi sa se voleranno contro ai vetri delle finestre? Chi sa come crescerò, qui, tutto adorno
            così, estate e inverno!»
                   Sì, l'aveva per l'appunto inzeccata! Ma, a forza  di allungare la vetta e di struggersi dal
            desiderio, s'era buscato un fortissimo mal di tronco; ed il mal di tronco è cattivo per gli alberi, come
            il mal di capo per gli uomini.
                   Finalmente le candeline furono accese. Che luccichìo! Che bellezza! L'albero tremava tanto,
            per tutti i rami, che una delle candele appiccò il fuoco ad un ramoscello verde, il quale n'ebbe una
            buona sbucciatura.
                   «Per amor di Dio!» — gridarono le signorine, e si precipitarono a spegnere il fuoco.
                   Ora l'albero non osava più nemmeno tremare. Ah, che spavento! Stava fermo fermo per non
            dar fuoco a qualcuno de' suoi bei gingilli... E poi, tutti quei lumi lo stordivano. In quella le porte del

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