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40 Novelle                                                              Hans Christian Andersen




                                                       L'ABETE


                   C'era una volta nel bosco un piccolo abete, che avrebbe dovuto essere molto contento della
            propria sorte: era bello, e in ottima posizione; aveva sole e aria quanta mai ne potesse desiderare, e
            amici più grandi di lui, pini ed abeti, che gli stavan d'attorno a tenergli compagnia. Ma egli non
            aveva che una smania sola: crescere. Non gli importava di sole caldo nè di aria fresca; nè si curava
            dei contadinelli che gli passavano dinanzi chiacchierando, quando venivano al bosco in cerca di
            fragole e di more. Spesso, quando ne avevano colto tutto un panierino, o quando avevan fatto una
            coroncina di fragole, infilate su di una paglia, venivano a sedere accanto al piccolo abete, e
            dicevano: «Com'è grazioso, così piccolino!» — Ma all'abete quel complimento poco garbava.
                   L'anno appresso era cresciuto di un nodo intero, e l'anno dopo ancora, di un altro; perchè
            negli abeti dal numero dei nodi si può sempre dire il numero degli anni che sono cresciuti.
                   «Oh, se fossi alto come quell'albero laggiù!» — sospirava il piccolo abete: «Allora sì, che
            stenderei i miei bravi rami in lungo e in largo, e dalla mia vetta guarderei per tutto il mondo. Allora
            gli uccelli potrebbero fare il nido tra le mie fronde, e, quando tira vento, potrei accennare a
            dondolarmi superbamente anch'io come i grandi.»
                   Non trovava piacere nel calore del sole, negli uccellini, nelle nuvole di porpora che
            passavano sul suo capo mattina e sera.
                   Tal volta, nell'inverno, quando la neve era sparsa per tutto bianca e scintillante, una lepre
            veniva correndo a tutto spiano, e saltava pari pari sopra l'abete. Oh, gli faceva una rabbia... Ma
            gl'inverni passarono, uno dopo l'altro; e, quando giunse il terzo, il piccolo abete era divenuto così
            alto, che la lepre fu obbligata in vece a girargli attorno.
                   «Oh, crescere, crescere, divenir grandi, divenir  vecchi! Ecco la sola cosa bella di questo
            mondo! — pensava il piccolo abete.
                   Ogni autunno solevano venire i taglialegna a segare gli alberi più alti; e così fecero anche
            quell'anno. Il piccolo abete, che oramai si era fatto bello alto, rabbrividiva dallo spavento, perchè i
            grandi alberi maestosi piombavano a terra con fracasso; e poi avevan mozzati tutti i rami, così che
            rimanevano nudi, lunghi e sottili, da non riconoscerli nemmeno più. E poi erano caricati sui barocci,
            e i cavalli li trascinavano fuori dal bosco. Dove andavano? che destino li aspettava?
                   A primavera, quando venivano le rondini e la cicogna, l'alberello domandava loro: «Sapete
            dove li abbiano portati? Non li avete incontrati per via?»
                   Le rondini nulla ne sapevano; ma la cicogna, fatta pensosa, scrollava il capo e diceva:
                   «Sì, credo di saperne qualche cosa. Ho  incontrato molti bastimenti nuovi, tornando
            dall'Egitto; e i bastimenti avevano certi alberi alti... M'immagino che fossero quelli. Odoravano di
            pino. Posso darti la mia parola ch'erano maestosi, molto maestosi.»
                   «Oh, se fossi grande abbastanza da andar  per mare! Che roba è questo mare? A che
            somiglia?»
                   «Sarebbe troppo lungo a spiegare...» — e la cicogna se ne andava per i fatti suoi.
                   «Godi la tua gioventù,» — dicevano i raggi di sole: «Rallegrati della tua nuova altezza, della
            vita giovanile che è dentro di te.»
                   E il vento baciava l'alberello, e la rugiada lo bagnava di lacrime; ma il piccolo abete non
            comprendeva.
                   All'avvicinarsi del Natale, furono tagliati certi abeti giovani giovani, taluni anche più
            giovani e più bassi del nostro alberello, il quale era in continua agitazione, dalla gran voglia che
            aveva di andarsene. Questi piccoli alberi, ed erano per l'appunto i più belli, si caricavano intatti, con
            tutti i loro rami, sopra i barocci, per portarli fuori del bosco.
                   «Ma dove vanno tutti?» — domandava l'abete: «Non sono più alti di me; uno, anzi, era
            molto più piccino. E perchè a questi non tagliano i rami? Dove li portano?»
                   «Noi sì, che lo sappiamo! Noi sì, noi sì!» — pigolarono i passeri. «Laggiù, in città, noi
            guardiamo dentro dalle finestre. Noi sì, sappiamo dove li portano, noi sì! Oh bisogna vedere come li

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