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40 Novelle                                                              Hans Christian Andersen

                   Egli le fece fare un vestito da paggio perchè potesse accompagnarlo quando usciva a
            cavallo. Andavano per i boschi profumati dove le verdi fronde sfioravan loro le spalle e gli uccellini
            cantavano tra il novo fogliame. Ella si arrampicava col Principe sulle alte montagne, e sebbene i
            suoi piedini delicati sanguinassero, così che persino gli altri se ne avvedevano, ella ne rideva e
            continuava a seguirlo, sin che scorgevano le nubi rincorrersi ai loro piedi, come uno stormo di
            uccelli migranti verso lontani paesi.
                   Quando tutti gli altri dormivano, a notte, nel castello del Principe, ella usciva sulla scalinata
            di marmo. La fredda acqua del mare dava un po' di sollievo ai poveri piedini infocati; e poi stava lì
            a pensare a' suoi cari, ch'erano giù, nel profondo.
                   Una notte le sue sorelle salirono tenendosi  per mano. Cantavano tristamente lasciandosi
            portare dalle acque, ed ella accennò loro di lontano: vennero e la riconobbero, e le dissero quanto
            dolore avesse loro dato. Da allora in poi, vennero ogni notte a trovarla: ed una volta ella vide in
            lontananza la vecchia nonna, che non era salita a fior d'acqua da anni ed anni, e una volta vide il Re
            dei mari, con la corona in capo. Essi stesero le braccia verso di lei, ma non si avventurarono tanto
            vicino a terra quanto le sue sorelle.
                   Il Principe le voleva ogni giorno più bene. Le si era affezionato come ci si affeziona ad un
            caro bambino buono; ma non gli era mai passato per il capo di farla sua moglie; e pure, bisognava
            che divenisse sua moglie per acquistare un'anima immortale; altrimenti, la mattina del matrimonio
            di lui avrebbe dovuto struggersi in ispuma sul mare.
                   «Non mi vuoi bene più che a tutte le altre?» — parevan domandare gli occhi della sirenetta,
            quand'egli la prendeva tra le braccia e la baciava sulla bella fronte.
                   «Sì, nessuna mi è cara più di te;» — diceva il Principe, «perchè tu hai più buon cuore, e mi
            sei più devota di tutte le altre, e somigli ad una fanciulla che ho veduta una volta e che certo non
            ritroverò mai più. Ero a bordo di un bastimento che naufragò: le onde mi buttarono sulla spiaggia
            presso un sacro Tempio, dove molte giovinette si dedicavano al servizio di Dio. La più giovane di
            tutte mi trovò sulla spiaggia e mi salvò la vita. Non l'ho veduta che due volte; ma è la sola donna al
            mondo che mi pare di poter amare; però tu ne cancelli quasi l'immagine dal mio cuore: le somigli
            tanto... Ella è consacrata al Tempio, e perciò la mia buona stella mi ha mandato te. Mai mai ci
            divideremo!»
                   «Ah, egli non sa che io, in vece, gli ho salvato la vita!» — pensava la sirenetta: «Io l'ho
            portato sulle acque sino alla spiaggia dove sorge il Tempio; e sono stata lì, nascosta tra la spuma,
            spiando se alcuno venisse; ed ho veduto la bellissima fanciulla che egli ama più di me...» E la
            piccola sirena sospirava dolcemente — piangere  non sapeva: «La fanciulla  appartiene al sacro
            Tempio,» — pensava: «e non verrà mai nel mondo, e non s'incontreranno mai più... Io sono con lui
            e lo vedo ogni giorno: avrò cura di lui, lo amerò, darò per lui la vita...»
                   Ma oramai bisognava, in vece, che il Principe prendesse moglie, e doveva sposare la bella
            figliuola di un Re suo vicino; ed ecco perchè si stava allestendo un magnifico bastimento. S'era
            trovato il pretesto che il Principe facesse un viaggio per vedere i paesi del Re suo vicino; ma si era
            combinato così perchè potesse vedere la Reginotta, e un numeroso seguito doveva accompagnarlo.
            La sirenetta scrollava il capo e sorrideva: ella conosceva meglio d'ogni altro le idee del Principe.
                   «Debbo fare questo viaggio,» — egli le aveva detto: «debbo vedere questa bella Principessa:
            i miei genitori lo desiderano, ma non intendono però di costringermi a sposarla. Nè io, d'altra parte,
            la posso amare. Non somiglia come te alla bella fanciulla del Tempio. Se dovessi scegliermi una
            sposa, più tosto sceglierei te, mia cara trovatella, mia povera mutina dagli occhi che parlano.»
                   La baciò sulle rosse labbra, giocherellando co' suoi lunghi capelli, ed ella sognò la felicità e
            l'anima immortale.
                   «Non hai paura del mare, mutina mia?» — le domandò, quando furono sul bastimento che
            doveva portarli al dominio del Re suo vicino; e le parlò di burrasche e di calme, e degli strani pesci
            che stanno giù sotto, e di quello che i palombari vi avevano veduto. Ella sorrideva de' suoi racconti,
            perchè sapeva meglio di tutti quel che ci sia in fondo al mare.
                   Nella notte di luna, mentre tutti dormivano all'infuori del pilota, che stava al suo timone, ella
            rimase appoggiata alla sponda della nave, guardando giù nell'acqua limpida. Le pareva di vedere la

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