Page 55 - 40 Novelle
P. 55

40 Novelle                                                              Hans Christian Andersen

            qui, siamo tramutate nelle spume vaganti sulla superficie del mare, e non abbiamo nemmeno una
            tomba, quaggiù, vicino a quelli che amiamo. Noi non abbiamo un'anima immortale; non abbiamo
            altra vita che questa, noi; siamo come le verdi  alghe marine, le quali,  una volta tagliate, non
            rifioriscono più. Gli uomini, in vece, hanno un'anima che vive sempre, che continua a vivere anche
            quando il corpo è divenuto polvere; e questa va su per l'aria tersa, sino in  cielo, in mezzo allo
            scintillìo delle stelle! Come noi ci alziamo dalle acque, sino a contemplare tutti i paesi della terra,
            così si levano essi agli ignoti spazii gloriosi, che noi non possiamo mai vedere.»
                   «E perchè non fu data anche a noi un'anima immortale?» — domandava la sirenetta tutta
            dolente: «Darei volentieri tutte le centinaia d'anni che ho ancora da vivere, per divenire un essere
            umano, un giorno soltanto, e per aver la speranza di entrare anch'io nel regno dei cieli.»
                   «Non devi pensare a queste cose,» — replicava la vecchia signora: «Noi ci sentiamo molto
            più felici e molto migliori degli uomini di lassù.»
                   «Mi toccherà dunque morire, e divenire una spuma del mare, senza più sentire la musica
            delle onde, senza più vedere i bei  fiori ed il sole infocato? Ma  non potrei fare niente io, per
            conquistarmi un.'anima immortale?»
                   «No;» — rispose la nonna: «Solo se un uomo ti amasse tanto, che tu divenissi per lui più del
            padre e della madre; solo se egli si legasse a te con ogni suo pensiero e con tutto il suo amore, e
            volesse che un sacerdote mettesse la tua mano nella sua con una promessa di fedeltà, per la vita e
            per tutta l'eternità, allora un'anima pari alla sua sarebbe concessa al tuo corpo, e tu parteciperesti
            della felicità umana. Egli darebbe a te un'anima e pure non perderebbe la sua. Ma questo non può
            mai accadere. Ciò che da noi, nel mare, è reputato bellezza — la coda di pesce — parrebbe
            bruttissimo sulla terra. Non se ne intendono, vedi; lassù bisogna che uno abbia due goffi trampoli
            che lo sostengano, per esser giudicato bello.»
                   La sirenetta sospirò, guardandosi tristamente la coda di pesce.
                   «Su su, allegri!» — esclamò la vecchia  signora: «Balliamo e guizziamo per questi
            trecent'anni che abbiamo da vivere. Mi par che bastino! e tanto meglio riposeremo poi. Questa sera
            la corte darà un ballo.»
                   Era una cosa stupenda, tale che sulla terra nemmeno si può averne idea. Le pareti e la volta
            della grande sala da ballo erano  di cristallo grossissimo, ma trasparente. Parecchie centinaia di
            enormi conchiglie, rosee come le più belle rose, verdi come l'erba tenera, stavano ai due lati in
            lunghe file, e dentro v'erano accese certe fiammelle azzurrine, che illuminavano tutta la sala e
            risplendevano a traverso alle pareti, così che il mare all'intorno sembrava tutto fiammeggiare. Si
            potevano discernere tutti i pesci grandi e piccini, che venivano nuotando verso le muraglie di
            cristallo: alcuni avevano le scaglie di porpora, altri scintillavano d'oro e d'argento. Una larga
            corrente passava per mezzo della sala, ed in quell'acqua i cavalieri e le dame del mare ballavano a
            loro piacimento, seguendo il ritmo delle loro dolci canzoni. Non c'è confronto: la gente di terra non
            ha mai voci così belle. La sirenetta cantava più dolcemente di tutti, e tutta la corte applaudiva con le
            mani e con la coda; sì che per un momento essa si sentì lieta, in cuor suo, d'avere la più bella voce
            che fosse nel mare o sulla terra. Ma ben presto tornò a pensare al mondo al di sopra dei mari: non
            poteva dimenticare il bel Principe, nè il proprio dolore per non  avere un'anima immortale come
            quella di lui. Sgusciò fuori dal palazzo di suo padre, e mentre tutto là dentro era gioia ed allegria,
            sedette melanconicamente nel suo giardinetto. Sentì echeggiare un lungo fischio a traverso le acque,
            e pensò: «Ecco che ora egli salpa forse lassù, nel suo bastimento, il bel Principe per cui mi struggo,
            e nella mano del quale vorrei mettere la felicità della mia vita. Sono pronta a tutto pur di
            conquistarmi il suo amore ed un'anima immortale. Mentre le mie sorelle danzano nella reggia,
            andrò dalla strega del mare, che mi faceva sempre tanta paura: forse ch'ella mi possa dare consiglio
            ed aiuto.»
                   Allora la sirenetta uscì dal giardino e andò al gorgo spumante, dietro al quale abitava la
            vecchia maga. Non aveva mai fatto quel viaggio. Non crescevano fiori colà, nè erbe marine: solo la
            grigia sabbia nuda si stendeva verso la voragine, dove l'acqua turbinava romoreggiando come la
            ruota d'un molino, strappando giù con sè nell'abisso tutto quanto potesse ghermire. Per arrivare ai
            dominii della strega, le toccò traversare la nebbia che circondava quei vortici tumultuosi, e per un

                                                           53
   50   51   52   53   54   55   56   57   58   59   60