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40 Novelle                                                              Hans Christian Andersen

            buon tratto, non c'era altra via all'infuori di quella che passava sopra la gora di mota bollente, che la
            strega soleva chiamare il pantano delle corse. Dietro ad esso era la sua casa, in mezzo ad una
            singolare foresta, di cui tutti gli alberi ed i cespugli erano polipi, mezzo animali e mezzo piante.
            Sembravano serpenti dai cento capi, che crescessero fuor del terreno: tutti i rami erano lunghe
            braccia viscide, con dita flessibili come vermi, e tutto si moveva, tutto brulicava, a parte a parte,
            dalla radice sino alla più alta vetta; e tutto quello che potevano abbrancare nell'acqua, abbrancavano
            stretto, e non lasciavano andare mai più. Dinanzi ad essi la sirenetta si fermò, piena di spavento: il
            cuore le batteva così forte, che per poco non tornò indietro:  ma pensò al Principe, pensò alla
            bramata anima umana, e le tornò il coraggio. Si appuntò solidamente i lunghi capelli intorno al
            capo, perchè i polipi non glieli potessero afferrare, si strinse le braccia al petto, e avanti, guizzando
            diritta e lesta come un pesce nell'acqua, tra i brutti polipi, che allungavano verso di lei le orride
            braccia articolate e le giunture delle innumerevoli dita. Vedeva che ciascuno stringeva quel che
            aveva afferrato con cento e cento piccole braccia, come sottili sbarre d'acciaio. Uomini, ch'eran
            periti in mare e colati al fondo, sporgevano come bianchi scheletri fuor dalle branche dei polipi; ed
            anche remi e stipi e ossami di animali marini tenevano essi abbrancati, e persino una piccola sirena,
            che avevano acchiappata e strangolata... e questo sembrava il più orribile di tutto alla nostra
            Principessa.
                   Arrivò ad una vasta palude nel mezzo del bosco, dove grossi serpenti d'acqua andavano
            strisciando intorno, svolgendo le spire degli orribili corpi giallognoli. Nel mezzo di questa palude,
            c'era una casa costruita con bianche ossa di naufraghi; e là stava la strega, occupata a dar da
            mangiare ad un rospo, fuor dalla propria sua bocca, come si fa noi alle volte per dare un pezzetto di
            zucchero ad un canarino. Quei serpentacci, essa li  chiamava i suoi cari pulcini, e se li lasciava
            venire in grembo e sulle spalle.
                   «So quello che vuoi!» — disse la strega marina «È stupido da parte tua, ma sarà fatto a tuo
            modo, poi che altro che sventura non ti ha da portare, mia bella Principessa. Tu vuoi liberarti della
            tua coda di pesce, ed avere in vece due fusti, come quelli che la gente della terra adopra per
            camminare, perchè il giovane Principe si innamori di te, e tu possa acquistare un'anima immortale.»
            E detto questo, la strega rise forte, di un brutto riso disgustoso, così che il rospo ed i serpenti marini
            scivolarono al suolo, e là rimasero strisciando. «Vieni giusto a tempo!» — disse: «Dopo l'alba di
            domani, non avrei più potuto aiutarti, sin che non fosse passato un altr'anno. Ti preparerò un filtro, e
            con esso devi nuotare a terra, domani, prima del levar del sole, e sederti a terra, e berlo; allora la tua
            coda si bipartirà e diventerà quello che la gente della terra chiama gambe; ma bada che ti farà male,
            ti parrà di sentirti trapassare da una spada acutissima. Tutti quelli che ti vedranno, diranno che sei la
            più bella creatura umana che abbiano mai incontrata. Serberai l'eleganza dell'andatura e la grazia
            della danza; nessuna danzatrice avrà movenze così leggiere: ma ogni passo che farai, sarà come se
            tu camminassi su coltelli appuntiti e tutto il tuo sangue avesse a spicciare a goccia a goccia. Se vuoi
            sopportare tutto ciò, posso aiutarti.»
                   «Sì...» — disse la sirenetta, con la voce che le tremava; e pensò al Principe ed all'anima
            immortale.
                   «Ma tieni bene a mente questo:» — continuò la strega: «Una volta che tu abbia acquistato
            forma umana, non potrai mai più tornare sirena; non potrai mai più tornare nell'acqua con le tue
            sorelle, nel castello di tuo padre; e se non ottieni l'amore del Principe, così ch'egli abbia a
            dimenticare padre e madre per te,  e ti dia il suo cuore e l'anima  sua, e preghi il sacerdote di
            congiungere le vostre mani, tu non acquisterai un'anima immortale. La mattina dopo ch'egli avesse
            sposato un'altra, il cuore ti si spezzerebbe e diverresti spuma nel mare.»
                   «Sono disposta a tutto...» — disse la sirenetta; ma era diventata pallida come una morta.
                   «E per giunta, devi anche pagarmi, bada!» — disse la strega: «Nè ti richiedo poca cosa. Tu
            hai la più bella voce di quante sieno qui, in fondo al mare; e con codesta voce, ti crederesti forse
            d'incantarlo: in vece, devi darla a me. La miglior cosa che tu abbia devi darmi, in cambio del mio
            filtro prezioso! Ti ci debbo mettere il mio sangue, perchè il filtro sia davvero potente come una
            spada a doppio taglio.»
                   «Ma se mi togli la voce,» — disse la sirenetta: «che cosa mi resterà?»

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