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40 Novelle Hans Christian Andersen
«E che cosa sa fare la principessa che viene dopo di questa?» — domandò il vecchio
Gnomo.
«Ho imparato ad amare tutto quanto è norvegese,» — rispos'ella: «e non prenderò marito se
non per andar a stare in Norvegia.»
Ma la sorella minore sussurrò allo Gnomo: «Se parla così, gli è che ha udito una canzone
norvegese, in cui è detto che quando il mondo s'inabisserà, non rimarranno ritte e intatte se non le
rupi della Norvegia, quasi obelischi del vecchio mondo. Per ciò vuol andar a vivere lassù: perchè ha
paura dell'abisso.»
«Ah, ah!» — esclamò il vecchio Gnomo: «Questo è dunque il nocciolo della sua grande
passione per la Norvegia? Ma vediamo che cosa sa fare la settima ed ultima.»
«Prima della settima viene la sesta!» — disse il Re degli Elfi, che sapeva far di conto. La
sesta però non volle quasi lasciarsi vedere.
«Io non so altro che dire la verità a tutti,» dichiarò, «e non sono in grazia d'alcuno, ed ho il
mio bel da fare a cucirmi la camicia per la sepoltura.»
Venne finalmente la volta della settima ed ultima e che sapeva ella fare? Lo domandate? Ma
sapeva raccontare quante novelle e novelline voleva!
«Ecco le mie cinque dita,» — disse il vecchio Gnomo: «raccontami una novella per ogni
dito.»
La fanciulla lo prese per il polso ed incominciò a raccontare, e lo fece ridere tanto e tanto,
che gli dolevano le costole. Quando giunse alla storia di Fasciadoro, il quarto dito, il quale, quasi a
presagio di nozze, s'era ornato d'un anello, il vecchio Gnomo gridò: «Tieni pure questa mano per
sempre: è tua, ed io voglio prendere te per moglie!»
La novellatrice rispose che prima doveva ancora raccontare la storia di Fasciadoro e di
Pierino Balocchino.
«Le sentiremo quest'inverno!» — ribattè lo Gnomo. «Ed anche quella dell'Abete e della
Betulla, e dei doni che portarono le Ninfe del bosco, e la novella del Gelo che scricchiola! Non ti
mancheranno occasioni, no, chè lassù l'arte di novellare è ancora poco coltivata. E staremo nel
nostro salottino di macigni, dove bruciano i ceppi di pino resinoso, e berremo l'idromele nelle
cornucopie d'oro dei vecchi Re norvegesi. (Lo Spirito del Mare me ne ha regalato un paio.) E
mentre staremo lì seduti, la Fata degli scogli verrà a farci visita e ti canterà tutte le canzoni delle
pastorelle montanine. Se staremo allegri! Il salmone balzerà dall'acqua e vorrà lottare con le cascate,
e verrà a battere contro le nostre muraglie di rupi; ma non riuscirà ad entrare, sta' tranquilla! Oh,
vedrai come si sta bene nella nostra cara vecchia Norvegia!... Ma dove sono andati a nascondersi i
ragazzi?»
Già: dov'erano andati? Correvano per i campi vicini, spegnendo i fuochi fatui, ch'erano
venuti, con tanta cortesia, per la fiaccolata.
«Ma vi pare conveniente codesto correre così all'impazzata?» — gridò il vecchio Gnomo.
«Venite qui! Ecco che vi ho dato una seconda madre; ed ora potete scegliervi anche voi una sposa
tra le vostre nuove zie!»
I giovanotti dichiararono che avevano bensì voglia di fare un brindisi e di giurare fratellanza
agli astanti; ma che di sposare non volevano sentir parlare. Fecero adunque molti brindisi, e
giurarono fratellanza, e vuotarono i bicchieri d'un fiato, e poi li rovesciarono e ne batterono l'orlo
sull'unghia, per far vedere ch'erano vuoti davvero. Dopo, si tolsero la giubba e si sdraiarono sulla
tavola per dormire; perchè quelli non usavano far complimenti. Il vecchio Gnomo, in vece, ballò
intorno alla sala con la sua giovane sposa, e scambiò con lei gli stivali, ch'è moda assai più nuova
dello scambiare gli anelli.
«Il gallo sta per cantare!» — annunziò la vecchia governante della casa degli elfi: «Bisogna
chiudere subito le imposte, perchè il sole non abbia a bruciare!»
E il Monte si richiuse.
Di fuori, in tanto, le lucertole si rincorrevano sempre nelle fenditure dell'albero; ed una disse
alle compagne: «Quanto mi piace quel vecchio Gnomo del Nord, così allegro e cortese!»
«Per conto mio, preferisco i figliuoli!»,— disse il vermiciattolo. Ma che volete che sappia,
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