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40 Novelle Hans Christian Andersen
IL MONTE DEGLI ELFI
Certe grosse lucertole giocavano a rincorrersi, agili e snelle, nelle fenditure di un albero, e
s'intendevano benissimo, perchè tutte parlavano la lingua delle lucertole.
«Che chiasso lassù, nel vecchio Monte degli Elfi!» — disse una: «Son due notti che non
posso chiuder occhio dal gran rumore che fanno. Tanto sarebbe andare a letto col mal di denti,
poichè nemmeno quello lascia dormire.»
«Debbono esserci novità, lassù!» — disse un'altra: «Mettono il Monte su due cavalletti,
verniciati di rosso, e gli dànno aria, e fanno gran pulizia, sinchè, a mattina, il gallo canta; e poi le
figlie del Re degli Elfi debbono aver imparato un ballo nuovo: lo si sente dallo scalpiccìo. Di certo
ci dev'essere qualche novità!»
«Sì, ho parlato con un verme di mia conoscenza,» — disse una terza lucertola: «Veniva
diritto dal Monte degli Elfi, dove aveva dissodato la terra notte e giorno: oh, ne aveva sentite di
belle! Non ci vede, povera creatura, ma sa molto bene strisciare e tender gli orecchi. Aspettano
ospiti al Monte, forestieri di grande riguardo; chi sieno, poi, il verme non me lo volle dire, — o
forse non lo sa nemmen lui. Tutti i fuochi fatui sono scritturati per la fiaccolata; tutti gli ori e gli
argenti che sono nel Monte, — e ce n'è abbondanza! — sono stati ripuliti, lucidati per bene, ed
esposti al chiaro di luna.»
«Chi mai saranno questi forestieri?» — domandarono le lucertole: «Che cosa accade là
dentro? Senti che brusìo! Senti che chiasso!»
Proprio in quel momento, il Monte degli Elfi si aperse, ed una vecchia donzella, cava dietro
come una maschera, (e così son tutti gli elfi, sapete bene, — follettini belli a vedere, ma vuoti come
la vanità,) scese saltellando dal Monte. Era la donna di governo del Re degli Elfi, lontana parente
della famiglia reale, e portava in fronte un cuore d'ambra. Moveva i piedini con una rapidità!... Trip,
trip! Quasi non toccava terra! E fece tutta una corsa sino alla palude, in cerca del Corvo della Notte.
«Ho l'onore d'invitarla per questa sera al Monte degli Elfi,» — disse al Corvo: «Ma
vorrebb'ella rendermi un grande servigio? Vorrebbe incaricarsi di portare gli inviti? In qualche
modo bisogna pure ch'ella si renda utile, poi che non ha casa aperta ove ricambiare l'invito.
Aspettiamo ospiti, gente molto distinta, maghi che sanno il loro mestiere; e per ciò il vecchio Re
vuol farsi onore.»
«Chi s'ha da invitare?» — domandò il Corvo della Notte.
«Al gran ballo, tutti possono venire — il mondo intero, e anche gli uomini, se sanno parlare
nel sonno o far qualche altra cosa del genere nostro: ma alla prima festa, la società dev'essere scelta
accuratamente: non vogliamo che le persone più ragguardevoli e distinte. Ho avuto una lunga
discussione col Re degli Elfi, perchè gli ho dichiarato che non possiamo ammettere nemmeno gli
Spettri. Il Re dei Mari e le Principesse Sirene debbono essere i primi invitati. Non verranno con
grande entusiasmo in terra ferma; ma cercheremo che trovino sempre una pietra bagnata su cui
sedere, o magari qualche cosa di meglio ancora, se potremo combinare; e questa volta, credo,
accetteranno l'invito. Tutti i vecchi demonii con la coda di prima classe, e tutti i folletti del bosco, e
gli gnomi, bisogna invitarli per forza; nè mi pare si possano escludere il Maiale delle Tombe, il
Cavallo della Morte e la Bacchetta della Cattedrale, sebbene appartengano alle chiese, e non sieno
inscritti tra il nostro popolo. Ma compiuti i loro doveri di ufficio, da buoni parenti vengono
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spessissimo a trovarci» .
(18) In fatti, in tutti i paesi nordici, la superstizione li ha legati di stretta parentela con gli elfi. Quando
l'Andersen era bambino, le donnicciuole danesi solevano raccontare come, con la prima pietra di ogni nuova chiesa, si
seppellisse in antico sotto le fondamenta un maiale od un cavallo vivo. I fantasmi dei poveri animali erravano poi la
notte intorno alla chiesa, ed erano, per chi li vedesse, presagio sinistro. Se il cavallo della morte trottava su tre zampe
intorno ad una casa, era segno che là dentro uno doveva morire. Antiche superstizioni, cui nessuno crede più, nemmeno
in Danimarca: ma l'Andersen si compiaceva di tramandarne il ricordo, poetico o grottesco; e nella sua ironia è sempre
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