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40 Novelle                                                              Hans Christian Andersen

            paese.
                   «Non mi fate gli scimuniti!» — disse il  vecchio «Si direbbe che non foste per anco
            divezzati!»
                   E andarono nell'interno del Monte degli Elfi, dove in tanto una scelta società s'era adunata,
            così prontamente, da sembrare che l'avesse soffiata lì una folata di vento. Per ciascuno era preparato
            un posto adatto. Le Fate del mare, per esempio, sedevano a tavola in grandi semicupi, così che,
            dissero, si sentivano come a casa loro. Tutti osservavano l'etichetta del pranzo di gala, eccettuati i
            due giovani Gnomi norvegesi, i quali mettevano tranquillamente i piedi sopra la tavola, convinti che
            a loro fosse tutto permesso.
                   «Giù i piedi dalla tavola!» — gridò il vecchio Gnomo.
                   Ed essi obbedirono, ma non senza brontolare. Facevano il solletico alle loro dame con gli
            aghi di pino che si trovarono indosso; e poi, per istare a miglior agio, pensarono di togliersi gli
            stivali e di darli a custodire alle dame.
                   Ben diverso, in vece, era il contegno del padre: il vecchio Gnomo di Dovre sapeva
            raccontare storie bellissime, delle superbe rupi norvegesi, e delle cascate che precipitano in candida
            spuma, con un fragore che ora somiglia al rombo del tuono, ora ai boati dell'organo in una
            cattedrale; raccontava del salmone, che balza fuor dall'acqua, sfidando persino l'impeto delle
            cascate, quando la Fata suona la sua arpa d'oro; e delle limpide notti invernali, in cui si sentono
            tintinnire le sonagliere delle slitte, e i ragazzi con le torce accese, corrono sul ghiaccio, e vedono
            impaurirsi i pesci sotto i loro piedi, tanto il ghiaccio è trasparente. E raccontava così bene, che
            pareva di aver lì presente tutto quanto descriveva. Si sentiva rumoreggiare la ruota del molino, si
            udiva il canto dei garzoni e delle serve e si assisteva ai loro balli contadineschi. Evviva! A un tratto
            il vecchio Gnomo dette un bacio alla figlia maggiore del Re degli Elfi; e che bacio! Proprio con lo
            schiocco. E pure non erano nemmeno parenti.
                   Le figlie del Re dovettero ballare, da prima leggere e snelle, sfiorando appena il suolo; poi
            battendo forte la misura col piede — e ciò si confaceva singolarmente al loro genere di bellezza.
            Finalmente, venne la volta della danza artistica, o, secondo ch'esse la chiamavano, dell'«abbandono
            della danza.» Era una meraviglia vederle muovere le gambe! Non si distingueva più principio nè
            fine, non si sapeva più quali fossero le gambe e quali le braccia, tanto turbinavano tutte insieme,
            come fiocchi di neve; e poi girarono e girarono in tondo così vertiginosamente, che al Cavallo della
            Morte venne il capogatto e dovette lasciare la tavola.
                   «Brrr!» — fece il vecchio Gnomo: «Che strana maniera di adoperare le proprie gambe! Non
            so quanto giovi, però, una simile abilità per il governo di una casa... Ma che cos'altro sanno fare,
            oltre che ballare, slogarsi le gambe, e far venire il capogiro al prossimo a forza di saltabeccare in
            tondo?»
                   «Di quel che sappiano fare ti renderai persuaso da te!» — disse il Re degli Elfi; e chiamò la
            più giovane delle sue figliuole. Era la più bella di tutte, delicata e diafana come il lume di luna. Si
            mise in bocca una piccola mazza bianca: uno, due... Al tre, la principessa era sparita! La sua abilità
            speciale era appunto questa.
                   Ma il vecchio Gnomo disse che non avrebbe tollerato tale prerogativa nella propria moglie;
            nè credeva che a' suoi ragazzi potesse garbare.
                   La seconda sapeva camminarsi a lato, tutta ripiegata a terra, precisamente come fosse la sua
            propria ombra: e, si sa, elfi e folletti, l'ombra, non ce l'hanno!
                   La terza aveva avuto un'educazione tutta diversa: era stata nella birreria della Strega del
            Pantano, e sapeva medicare con le lucciole i calli degli elfi.
                   «Questa diverrà una buona donnina di casa!» — esclamò il vecchio Gnomo; e le fece un
            brindisi ammiccando con gli occhi, perchè, a bere ogni volta, temeva di ubbriacarsi.
                   Si fece innanzi la quarta, reggendo una grande arpa d'oro; e al primo accordo tutti levarono il
            piede sinistro, perchè gli Gnomi sono mancini; ed al secondo tutti furono costretti ad obbedire alla
            sua volontà.
                   «Uhm, quest'è una donna pericolosa!» — esclamò il vecchio; e i due figliuoli uscirono in
            tanto dal Monte perchè ne avevano abbastanza.

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