Page 30 - Quel che una pianta sa
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QUEL CHE UNA PIANTA SA
propria crescita in maniera ottimale secondo le variazioni am
bientali, proprio come i nostri quattro recettori permettono
al cervello di elaborare delle immagini che ci consentono di
interpretare e di reagire ai cambiamenti del nostro ambiente.
Per ampliare il concetto, il fitocromo delle piante e la foto-
psina rossa umana non sono lo stesso fotorecettore; assorbono
entrambi la luce rossa, ma sono proteine diverse, con una chi
mica differente. Ciò che vediamo noi è mediato da fotorecettori
presenti soltanto negli animali. Ciò che vede un narciso giallo
è mediato da fotorecettori presenti soltanto nelle piante. Ma
i fotorecettori delle piante e degli esseri umani sono simili, in
quanto formati tutti da una proteina collegata a un colorante
chimico che assorbe la luce; queste sono le caratteristiche fisi
che richieste affinché un fotorecettore funzioni.
Ma ci sono eccezioni a qualsiasi regola, e nonostante mi
liardi di anni di evoluzione indipendente, gli apparati visivi di
vegetali e animali hanno qualcosa in comune: i recettori per la
luce blu chiamati criptocromi.* Il criptocromo non ha nessun
effetto sul fototropismo dei vegetali, ma interpreta diversi altri
ruoli nella regolazione della crescita delle piante. Uno di que
sti è il controllo del loro orologio interno. Come gli animali, le
piante hanno un orologio interno chiamato “orologio circadia
no”, in sintonia con i normali cicli giorno-notte. Tale orologio
interno regola ogni momento della nostra esistenza, da quando
abbiamo fame a quando dobbiamo andare in bagno oppure sia
* Il nome “criptocromo”12 è in realtà il risultato di uno scherzetto dovuto a
Jonathan Gressel, del Weizmann Institute. Gressel stava studiando le rispo
ste alla luce blu in un gruppo di organismi che comprendeva licheni, muschi,
felci e alghe, definiti anche piante crittogame (questo nome avrà una sua ri
levanza, come vedremo fra un attimo). Ma come tutti gli altri ricercatori che
studiavano gli effetti della luce blu su creature differenti, non sapeva quale
fosse il recettore per tale luce. Nonostante vari tentativi nel corso dei decen
ni, nessuno era riuscito a isolare questo recettore: la sua natura pareva ve
ramente criptica. Imperturbabile amante dei giochi di parole, Gressel sug
gerì di chiamare il fotorecettore non identificato “criptocromo”. A dispetto
di molti suoi colleghi, tale scherzo è entrato nella nomenclatura scientifica,
anche se il criptocromo non è più criptico,13 dal momento che è stato infine
isolato, nel 1993.
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