Page 15 - Orto. Dal balcone al campo.
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quella  delle  epoche  passate,  ma  innovativa  perché  praticata  all’interno  del  tessuto  urbano.
      Durante la Prima rivoluzione industriale nasce un nuovo modo di concepire la città: nei primi

      «villaggi  operai»  le  case  vengono  predisposte  con  un  piccolo  orto-giardino  per  offrire  un

      luogo che potesse dare un’occasione di coltivare parte del proprio cibo. Alcuni esempi ancora
      esistenti sono il villaggio operaio di Crespi d’Adda oppure i complessi destinati agli operai

      della Falck: vi si può vedere il passaggio dal mondo rurale a quello industrializzato, perché

      gli operai, originari della campagna, qui potevano trovare un luogo accogliente non troppo
      distante  da  quello  d’origine.  I  complessi  abitativi  della  Falck  venivano  detti  «complessi

      semirurali», data la loro caratteristica continuità con la campagna.
         Durante le due guerre mondiali, l’orto urbano diventa la risposta alla grave crisi economica

      e  alla  seria  difficoltà  di  reperire  cibo.  È  strumento  propagandistico  per  affermare
      un’emancipazione verso l’autosufficienza e per alimentare lo spirito patriottico. Negli Stati

      Uniti sorgono gli orti di guerra, i Victory gardens, detti anche «orti per la difesa», che poi si

      diffondono in Germania, nel Regno Unito, in Canada e in Italia, dove vengono battezzati «orti
      di guerra». In questa fase, anche i parchi e i giardini vengono trasformati in orti, dando alle

      città un aspetto inusuale, futuristico.

         Oggi la crisi economica ha riportato alla luce le stesse soluzioni dell’epoca: la nascita di
      molti  orti  urbani  in  tutto  il  mondo  ne  è  la  prova,  e  ci  deve  fare  riflettere  su  quanto  sia

      necessario essere capaci di coltivare la terra e quanto sia importante per la sopravvivenza di

      tutti noi, anche se ci sembra davvero lontano uno scenario simile a quello delle foto sbiadite
      dei Victory gardens.





      Perché fa bene coltivare l’orto



      Un tempo si diceva che l’agricoltura fosse un mestiere faticoso e poco nobile, si usava dire:
      «La terra è bassa!» Oggi la situazione si è imprevedibilmente ribaltata: un fazzoletto di terra

      da  coltivare  è  diventato  una  specie  di  status  symbol.  È  un  piacere  enorme  sentire  amici,

      conoscenti  e  un  numero  sempre  crescente  di  persone  entusiasmarsi  per  essere  riusciti  a
      coltivare i pomodori sul balcone o per aver ridato vita all’orto della casa in campagna. È

      davvero un periodo di rinascita culturale. Mentre i modelli di consumo falliscono, mentre la

      crisi economica imperversa, le persone reagiscono tornando a fare qualcosa di concreto, utile
      per la salute mentale e fisica. Come a dire che, anche se il mondo intorno crolla, c’è sempre

      una piccola speranza nel coltivare il nostro piccolo orticello e nell’accorgerci che per essere
      felici  basta  poco.  In  gruppo,  da  soli  oppure  insieme  alla  propria  famiglia:  coltivare  sta
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